Illusione e delusione
La gestione delle aspettative in ambito business parte dalla capacità individuale di esplicitare ciò che vogliamo ottenere.
Lo tsunami metaforico del Christmas is coming qui è in pieno svolgimento. Tra un'ondata e l'altra, proviamo a ritagliarci un momento di silenzio per una piccola riflessione che parte da sentimenti tipici del periodo natalizio: illusione e delusione.
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Per tutta l'infanzia finivo la mattinata del 25 dicembre (quella in cui arrivavano i regali di Gesù bambino - sì, erano altri tempi) piena di gioia e di soddisfazione per i tanti bellissimi regali ricevuti. Poi, da un certo punto in poi, e fino a pochi anni fa, la mattina di Natale è diventata una delusione completa: mi illudevo che avrei ricevuto una delle tante cose desiderate e invece restavo delusa da ciò che trovavo sotto l'albero.
Illusione e delusione nel business
L’illusione è un inganno della mente, che interpreta o immagina la realtà a seconda dei propri desideri e delle proprie aspettative; l’illusione può consistere nell’attesa di qualcosa che è destinato a rimanere irrealizzato, nel nutrire speranze vane oppure nel formarsi un’opinione sbagliata, in genere troppo ottimistica o favorevole, su persone o cose (fonte: Treccani).
Quando mi illudo, mi immagino che si avvererà un desiderio o che qualcosa andrà come speravo. Mi illudo anche ogni volta che faccio finta che sia tutto ok, quando invece sarebbe meglio se facessi un sano esame di realtà.
Se ci illudiamo, prima o poi la delusione arriverà e succederà che un brusco risveglio ci metterà davanti agli occhi la grande distanza tra aspettative e realtà. Perché no, non è tutto rose e fiori.
Anche nel business può capitare che ci si illuda con aspettative troppo ideali (e poco realistiche): quando i dati mostreranno che la direzione immaginata era solo ideale, perché poco percorribile o troppo ambiziosa, arriverà la delusione.
La delusione è il sentimento di amarezza di chi vede che la realtà non corrisponde alle sue speranze. La delusione è anche il fatto stesso di riuscire contrario alle speranze, diverso dall’attesa (fonte: Treccani).
Credo che nella vita ci sia bisogno di illudersi. Ogni persona ha le sue proprie illusioni che non può, non vuole o non riesce ad abbandonare, anche quando generano delusione continua. E va bene così.
Nel business, invece, credo che tra i doveri di chi guida un’impresa ci sia quello di non cullarsi in false speranze, di affrontare la realtà per quella che è, anche quando è scomoda. Anche quando le risposte non ci sono o l’orizzonte è incerto, non si può far finta che il problema non esista. Il motivo è semplice: abbiamo la responsabilità di fare il meglio possibile, per noi, per la nostra clientela e per le persone che vivono grazie al lavoro generato dal nostro business.
Come fare?
Servono tante cose, tra cui un pizzico di fortuna, ma la chiave di volta, io credo, sta nella gestione delle aspettative. Solo con aspettative realistiche e analisi fattuali possiamo contenere le illusioni pericolose.
Abbiamo bisogno di speranza e ottimismo, ma senza superare il confine dell’illusione. Per trasformare i sogni in realtà abbiamo bisogno di conoscerla, quella realtà, e di riuscire a starci dalla testa ai piedi.
Un esercizio difficile
La gestione delle aspettative è innanzitutto esplicitazione delle aspettative, un postulato che mi si è tatuato in testa dalla prima volta che l'ha detto Marcella Segala durante un percorso di coaching, e che da allora porto sempre con me, e in tutti i business sprint a cui partecipo. Perché sono io la prima che ci inciampo, più spesso di quanto mi piaccia ammettere.
Esplicitare le nostre aspettative è un esercizio difficile, perché richiede di essere intellettualmente onestз in primis con noi stessз: cosa ci aspettiamo dal nostro lavoro? Dalla nostra impresa? Dalle persone che ci stanno intorno?
Dopo questo primo passo interiore, il secondo è riuscire a esplicitare le nostre aspettative con le persone coinvolte. Solo così possiamo pensare di arrivare ad avere un team allineato per davvero, solo dopo che ogni persona ha esplicitato le sue aspettative e insieme trovato un compromesso sufficientemente buono per tutti i membri del team.
Per alcune persone è più difficile il primo passo, per altre il secondo; solo per una piccolissima manciata di persone che conosco (e ammiro) si tratta di un esercizio quotidiano.
La scorsa settimana, tra i risultati di un’indagine interna a un’impresa, ho letto di una persona che non sopporta di avere a che fare con chi è prolisso: ma se non dici a chi è prolisso che ti aspetti un confronto coinciso sul tema in oggetto dell’incontro, come puoi sperare che qualcosa cambi?
Esplicitare le proprie aspettative non vuol dire in automatico che le persone intorno a te esaudiranno i tuoi desideri o obbediranno alle tue richieste, anche se gerarchicamente sottoposte.
Esplicitare le aspettative vuol dire non nascondersi dietro false illusioni ma prendersi la responsabilità di comunicare quello che vorresti ottenere, con tutti i limiti del caso.
Dal personale all’aziendale.
La capacità individuale di esplicitare le proprie aspettative è un prerequisito per un’impresa che lavora bene. Ma solo dopo averla acquisita come singoli individui possiamo efficacemente traslarla in ambito business.
Se non sono capace di dire al mio collega di essere meno prolisso, come posso pensare di progettare una strategia efficace, che si basi sulle nostre effettive capacità di modificare il contesto in cui ci muoviamo?
Nel contesto della piccola media impresa italiana c’è poca cultura rispetto a questi temi, la maggior parte delle persone convive con una serie di aspettative implicite che non vengono mai messe sul piatto. Così facendo però, le organizzazioni restano spesso vittime di improvvise e violente eruzioni emotive (quando si dice “una cocente delusione”, ad esempio), che sconquassano le relazioni, inibiscono l’iniziativa personale e rallentano il lavoro quotidiano.
Altra conseguenza negativa della scarsa cultura aziendale in termini di aspettative è che, spesso, quando una persona esplicita le proprie aspettative, il resto del team la prende come una forma di iper-auto-responsabilizzazione o, peggio ancora, come un tentativo maldestro di accusare in modo indiretto qualche componente del team.
Se vogliamo innovare davvero le nostre imprese, impariamo a vivere l’esplicitazione delle aspettative come una forma di condivisione necessaria per poter lavorare insieme ad altre persone, insieme con la capacità di dare e ricevere feedback.
Alleniamoci a guardare quotidianamente (o almeno a misurare con sistematicità) il gap tra aspettative e realtà. Come tutte le tipologie di gap analysis, non porta a un risultato concreto e immediato ma è fondamentale per poter correggere la rotta, e andare davvero nella direzione che abbiamo scelto.
Abbiamo bisogno di una conoscenza cristallina di chi noi siamo, come impresa, per poter capire dove possiamo e vogliamo arrivare, senza nasconderci dietro facciate stereotipate ma abbracciando con accettazione e consapevolezza le nostre debolezze e facendo leva su ciò che ci viene meglio e sui nostri punti di forza.
E lo so che poi sembra una banale compilazione di una SWOT, ma tra banalità ed efficacia la linea è sottile, ed è solo la qualità e la profondità del contenuto che riesci e scegli di metterci dentro che fa davvero tutta la differenza del mondo.
Buona trasformazione, buon lunedì,
Chiara (e Tatiana)
📃Abbiamo parlato di
Dall’esame di realtà possiamo ottenere grandi risultati, anche in termini di centratura del nostro business:
Un passo di lato
La scorsa settimana mi sono imbattuta in un TEDx che mi ha regalato una grande libertà: il permesso di mettermi di lato. E non solo il permesso, ma anche lo sprone a farlo, perché spesso i nostri abbagli derivano dal fatto che abbiamo messo la nostra persona al centro di tutto, come nel
📍Cose che hanno lasciato un segno
Come sta andando il tuo budget di marketing per il 2025? (link in inglese)
Come parliamo di ferie è importante (link in inglese)
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho finito la seconda (e per ora ultima) stagione di Another self, su Netflix, e mi è piaciuta tantissimo, la storia di tre amiche e delle loro vicissitudini attraverso l’uso delle costellazioni familiari. L'ambientazione in Turchia e la produzione turca sono state la parte più affascinante, ringrazio Martina per la segnalazione, senza la quale non l'avrei mai incrociata.
Ho iniziato Il cigno nero, di Nassim Nicholas Taleb, era nella mia lista da un bel po’ di tempo, citato spesso in vari contesti. Da qualche tempo mi interesso di filosofia contemporanea, autori e autrici che non si limitano a citare la solita (e amata) filosofia antica, ma che provano a leggere la complessa realtà contemporanea per rispondere alle solite domande da cui nasce la filosofia: perché siamo qui? dove stiamo andando? Qual è il nostro scopo ultimo?
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Letture. Mi sono divertita con Dieci cose che ho imparato da Jessica Fletcher di Alice Guerra. Ora sono in immersione profonda con Stella Maris di Cormac McCarthy che ho iniziato lo scorso lunedì su suggerimento di Andrea M. Alesci. Proseguo con Confessioni di un marketer di Enrico Marchetto. Nel frattempo, per non farmi mancare nulla, sto leggendo l’estratto di Intermezzo di Sally Rooney perché sono molto curiosa (molte persone della mia rete dicono “il migliore di sempre”. E chi sono io per?)
Ascolti. Proseguo con i soliti ascolti dei podcast de Il Post. Ho ascoltato la nuova (e ultima) puntata della nuova stagione di Piccoli non sfigati sulla vita da pensionato (sì, è stato trigger).
Visioni. Proseguo con L’amica geniale ogni lunedì sera, ho finito Cross e pure Come uccidono le brave ragazze (Netflix). Iniziata ieri sera, invece, Black doves (Netflix). Ho in wishlist un po’ di cose, ma le tengo per la pausa natalizia, come ogni anno, tra cui i miei soliti film di Natale (Love Actually in testa).
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Da questa settimana siamo ufficialmente immerse nel delirio da incastro, tra impegni professionali, impegni personali, bilanci associativi e auguri di Natale vari. Tentiamo di sopravvivere abbassando le aspettative, esplicitando le difficoltà e puntando al valore: meglio poco ma con un perché.
Anche per questo motivo noi ci leggiamo lunedì prossimo per gli auguri di Natale e per una newsletter più leggera. Poi andremo in pausa (almeno con questa newsletter) fino a gennaio.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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