Abbiamo bisogno di asset

Su cosa contare per mandare avanti il proprio business?

Che non siamo isole lo sappiamo da un pezzo: abbiamo bisogno delle altre persone intorno a noi, abbiamo bisogno di sapere che possiamo appoggiarci a qualcuno, o qualcosa, ogni volta che è necessario, utile o comodo. Abbiamo bisogno di asset.

Sono un paio di mesi che inciampo nella parola asset in contesti molto diversi, ci ho fatto alcune riflessioni che credo possano essere utili a tutte le persone che portano avanti un’impresa, e non solo.

---

Io sono Chiara e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

---

Foto di Wolfgang Hasselmann su Unsplash

Cos'è un asset?

Si tratta di un termine con diversi significati, tutti collegati a un nucleo centrale, che in italiano traduciamo con “risorsa”:

1. qualunque oggetto, posseduto da un’impresa o da una persona, che ha un valore economico, commerciale o di scambio

2. tutte le attività registrate nell’area sinistra dello stato patrimoniale di un bilancio (a destra ci sono le passività)

3. in ambito finanziario, tutto ciò che può essere scambiato sul mercato con l’obiettivo di ottenere un profitto o un vantaggio nel futuro.

Nel business model canvas gli asset rientrano nelle key resources o risorse chiave.

Asset di bilancio

Nel bilancio di un'impresa sono presenti diversi asset, ma non ci sono tutti, perché la necessità di una contropartita monetaria limita l'inserimento in contabilità. Infatti, per poter essere registrati come investimento nel bilancio aziendale devono essere:

• numericamente misurabili in fase di acquisizione

• e, in seguito, numericamente valutabili in termini di resa (il famoso ROI).

Un asset è qualcosa su cui poter contare nel tempo, un concetto molto più ampio di “investimento”, ecco spiegato il motivo per cui ce ne sono tantissimi che non compaiono in un bilancio.
L’esempio più tipico è quello del brand: possiamo inserire gli acquisti che abbiamo fatto (per esempio identità visiva e branding strategy) nella parte attiva dello stato patrimoniale, ma non possiamo mettere il valore complessivo di un brand, a meno che non sia stato acquistato da una terza parte, perché questo è l’unico caso in cui c’è un controvalore monetario certo.

Quando propongo a un nuovo cliente di mappare gli asset della sua impresa, c’è sempre un po’ di diffidenza iniziale, come se bastasse recuperarli dall’ultimo bilancio disponibile.
In alcuni casi è capitato che ci fosse anche una certa dose di sfiducia, forse dovuta al fatto che sono una donna che parla di business, del tipo “Non è che non ti basta il bilancio solo perché non lo sai leggere?”.
Leggo i bilanci molto bene, in realtà, ed è il motivo per cui sono consapevole che è meglio guardare a ciò su cui un'azienda può contare davvero, per andare avanti, e non solo a ciò che è stato valorizzato nello stato patrimoniale.
Di seguito quattro esempi di asset assenti dai bilanci:

• la rete di contatti di fiducia sviluppata negli anni, tale per cui c’è sempre una persona esterna con cui potersi confrontare con rispetto e trasparenza

• il senso di responsabilità delle persone che lavorano nella stessa azienda, o la loro disponibilità a fare straordinari per coprire urgenze improvvise, o a prendere ferie nei momenti migliori per il business

• i risparmi accumulati dalla famiglia o il reddito di chi ne fa parte, a cui accedere in caso di bisogno

• Il personal branding di chi collabora con l’impresa, le competenze che acquisisce fuori dal lavoro o le relazioni che coltiva.

Ci sono cose che non possono essere misurate, ma che fanno comunque la differenza per un’impresa. In economia si chiamano fattori critici di successo, e gli asset strategici ne fanno parte a pieno titolo.

Asset strategici

Non tutti gli investimenti di un'azienda sono asset strategici.
Un monitor, un bancone, una scaffalatura in magazzino sono asset, ma non sono certo strategici: sono facilmente sostituibili in caso di necessità, sia per l’importo minimo necessario per la loro sostituzione, sia per la facilità con cui posso trovare valide alternative sul mercato.

Spesso ci fissiamo sul fatto che il valore di una cosa sia direttamente proporzionale al suo costo.
A volte è vero, ma spesso ci sono risorse che, pur di valore economico contenuto, sono difficilmente sostituibili e quindi diventano asset strategici:

• uno strumento obsoleto utilizzato quotidianamente da un intero reparto aziendale, strumento diventato introvabile sul mercato, e perciò più unico che raro

• un hard-disk contenente informazioni teoricamente di poco conto ma che, in caso di perdita, porterebbe a un blocco dell’attività, con danni per migliaia di euro

• le competenze o la volontà di una manciata di persone che garantiscono la continuità aziendale in modo concreto e determinante.

Non è vero che più il prezzo di acquisto è alto e più è probabile che si tratti di un asset strategico, anche perché, oltre al problema della sostituibilità, le cose su cui investiamo più soldi sono quelle a cui facciamo più fatica a rinunciare quando non ci servono più.

Quando un asset diventa un limite

Nella teoria, qualunque asset è benvenuto e più ce ne sono, meglio è. Nel concreto, questo principio di buon senso si scontra con due valutazioni meno intuitive:

• ogni volta che si sceglie di investire in un qualunque asset, si sta rinunciando a investire in qualcos’altro, che in gergo tecnico si chiama costo-opportunità.

• in caso di necessità, è più difficile cambiare direzione se l’attuale rotta sfrutta degli asset già in possesso, perché potrebbe trasformarli in costi sommersi.

Le spese passate non influenzano in alcun modo le probabilità che il futuro prenda un certa piega, ma è più faticoso lasciar andare ciò che non serve più, solo perché in passato si è investito tempo e risorse.

Quando serve consapevolezza sugli asset strategici di un’impresa, è meglio dimenticare bilanci, costi e fatiche passate, e focalizzarsi su ciò di cui abbiamo bisogno di poter contare, per mandare avanti il nostro business, senza nascondersi dietro false credenze e illusioni, ma guardando alla realtà così com’è davvero.

Buon lunedì, buon esame di realtà,

Chiara (e Tatiana)

📃Abbiamo parlato di

A proposito di esame di realtà, partiamo dal toglierci dal centro e metterci un passo di lato:

📍Cose che hanno lasciato un segno

• Saranno tempi duri: organizziamoci. L’ultima newsletter di Alessandra Farabegoli anticipa paure concrete, ma dà comunque speranza

• Sono online i biglietti per il WIAD 2025. Le città sono quattro: Cesena, Milano, Palermo, Roma il prossimo 8 marzo. Il 7 marzo a Cesena c’è anche la possibilità di fare un bellissimo workshop

• Liste dritte al punto, consigli ed esempi per scrivere un’ottima lista, di Luisa Carrada

• Invecchiare libere, l’ultima newsletter di Alice Orrù

📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando

Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara

Ho finito di guardare The Bear, su Disney+, e le canzoni sono entrate tra le mie preferite: una via di mezzo tra grunge e indie rock, le ascolto anche la sera, prima di andare a dormire.

Ho ripreso ad ascoltare Sonar e mi affascina tantissimo: ogni puntata scopro cose nuove e meravigliose. Lettura libri ancora ferma, chissà che il prossimo weekend in montagna riesca a ritrovare la voglia di riprendere.

Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana

Letture. Ho finito Intermezzo e l’ho davvero amato per quanto Sally Rooney riesca a dare voce al senso di inadattabilità (in cui io mi sento immersa). Ho iniziato Grammamanti, Immaginare futuri con le parole di Vera Gheno (per ora in audiolibro, ma non vedo l’ora di avere il libro tra le mani per rileggerlo e tenerlo accanto ogni volta in cui un dubbio sulla lingua e sul linguaggio mi assale mentre scrivo). Sono ancora in pausa invece Magic Words di Jonah Berger (ma in italiano) e Non pensare all'elefante! di George Lakoff. Sono immersa in altre letture meno piacevoli (documenti di vario genere), ma necessarie per finire un lavoro.

Ascolti. Mi sono goduta l’imperturbabile podcast del Post su Sanremo di e con Giulia Balducci, Matteo Bordone, Luca Misculin, Stefano Vizio. Ho riso tanto. E proseguo con i soliti ascolti dei podcast de Il Post: Morning con Nicola Ghittoni, Orazio, Una notizia al giorno e le storie che le stanno attorno, ogni pomeriggio per tutto l’inverno di Matteo Caccia, Amare parole di Vera Gheno, Ci vuole una scienza con Beatrice Mautino ed Emanuele Menietti (nell’ultima puntata si parla di latte crudo).

Visioni. Proseguo felice con Bad sisters (AppleTV) e con la nuova stagione di Rocco Schiavone (RaiPlay). Masterchef è quasi finito: la prossima settimana c’è la finale, io nel frattempo, provo e sperimento ricette nuove ispirate dalle puntate.

Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?

🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji

La settimana di Chiara prevede una serie di trasferte prima di 5 giorni off. Quella di Tatiana sarà divisa in trasferte, incontri 1:1, micro-task da spuntare, analisi e inizio di progetti (sono già stanca solo a fare l’elenco).

---

📍Informazioni di servizio

Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.

Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)

---

Vuoi condividerla? Puoi usare il bottone qui sotto.