Fai la domanda giusta
Per esplorare la complessità, comprenderla e darle spazio. Per allargare lo sguardo, allenarsi all’ascolto e pure per risolvere casi.
Abbiamo superato l’8 marzo, con fatica, mimose non richieste e tantissimi “auguri”. Ogni anno è sempre la stessa storia. Prima o poi, forse, ce la faremo a celebrare la conquista di diritti e a lasciare quei rametti di mimosa sulle piante.
Ci stiamo facendo la domanda sbagliata?
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Fai la domanda giusta
Nella quarta stagione di True Detective, Jodie Foster dirige un’indagine su un omicidio e incalza le persone che lavorano con lei a suon di «Ask the right questions», «fai la domanda giusta». È il suo modo di spronare le persone ad andare in profondità per capire e comprendere quello che hanno davanti e illuminare il sentiero per la risoluzione del caso.
La domanda giusta serve a non incappare in errori grossolani che portano su una cattiva strada, il più delle volte sbagliata, e a risposte che non ci servono, se non per alimentare il nostro ego o per confermare le nostre credenze 1.
Fare le domande giuste serve a definire meglio un problema, a non buttare via tempo e risorse.
Qualche giorno fa, mentre stavo preparando lo script per un’intervista di ricerca, mi sono ritrovata a riflettere su come alcune delle domande che avevo scritto fossero inutili. Da quindici sono passata a una decina di domande che potevano essere, senza nulla togliere alla validità dell’indagine, ridotte a 5. Molti dati e informazioni sono emerse durante la chiacchierata, senza che io li abbia chiesti.
Questo conferma un’altra cosa: se la domanda è ben posta, la persona intervistata dirà tutto quel che serve indagare. Anche senza domande dirette (che per me sono sempre pericolose), senza aggiunte. Sapere quando fermarsi è un altro talento sottovalutato.
In questo periodo, sto lavorando su alcuni progetti che hanno a che fare con la ricerca e mi ritrovo a preparare tracce di ricerca, definire obiettivi e, in ultimo, scrivere script. Ogni volta che mi accingo a un lavoro del genere, ho sempre in mente le parole di Raffaella Roviglioni, Mariacristina Lavazza e il monito che Raffaele Boiano, durante il master di architettura dell'informazione e user experience design, mi disse durante un laboratorio: “non fare domande per confermare le tue convinzioni” (salva in “imparare dagli errori e farne tesoro”).
Nutrire la curiosità, quella vera
«Essere curiosi significa provare un genuino interesse verso il mondo e, come ricercatori, verso le persone: non in un’accezione morbosa o pettegola, quanto di vera sete di conoscenza altrui.»
Raffaella Roviglioni, in Chi vuole cavalli più veloci?
Nel modo dello human experience design, si parla spesso di curiosità e io lo considero da sempre un super potere. La vera differenza tra una persona curiosa e una impicciona è come si pone verso di te e come pone le domande: chi sta mettendo al centro? Sé stessa o chi ha davanti? Facci caso, sia quando fai domande, sia quando ti interrogano. E guarda cosa dice Ernesto Sirolli.
Essere curiosǝ è svuotarsi da sé per essere ricettivǝ verso l’altra persona, mettere da parte le proprie convinzioni per fare in modo che non occupino troppo spazio, per riuscire a lasciarlo a ciò che l'altra persona ci sta donando.
Non smettere mai di stupirsi
Ogni volta che sono in ascolto, per una ricerca, per un laboratorio, per un primo incontro per un nuovo progetto, ne esco sempre arricchita. E succede quando restiamo in ascolto e non partiamo in quarta pensando a cosa proporre (nel caso di un incontro conoscitivo con un nuovo cliente, per esempio) o alla domanda da fare dopo, ma a quello che sta succedendo in quel momento presente. Anche quando quel che arriva è irritante, fastidioso per le nostre convinzioni. Ascoltare è non avere fretta di arrivare a conclusioni, ma restare nell’intreccio e diventare esploratori ed esploratrici di mondi (possibili). È quello che Marianella Sclavi chiama ascolto attivo.
Fare domande, più che dare risposte (soluzioni)
Al di là dell’intervista, la questione della domanda giusta ha a che fare anche con il lavoro con le persone e le aziende. Per me, essere consulente non ha tanto a che fare con il dare risposte e proporre soluzioni “chiavi in mano”, quanto con il fare buone domande per definire e dare contorno al giusto problema (framing). Per me questa è una differenza sostanziale. Fare domande ci permette di aprire, di instaurare un dialogo per far emergere quel che c’è dietro quel che resta in superficie e di andare in profondità, tra le righe, tra i non detti (che però raccontano molto).
Aprire la domanda è aprire la risposta
E quindi aprire a nuove possibili soluzioni, a guardare il mondo da un punto di vista diverso. Aprire e mettere da parte ciò che immaginiamo di sentirci rispondere, dimenticarsi di tutto quello che si presume di sapere e conoscere già.
Fare domande porta a immaginare nuove strade, per trasformare e trasformarsi.
Fai la domanda giusta, Per unire quei puntini, per trovare e dare senso.
Buon inizio settimana,
Tatiana (e Chiara)
📃Abbiamo parlato di
Come possiamo progettare meglio? Partendo dalle (giuste) domande.
📍Cose che hanno lasciato un segno
A proposito di ricerca e user research, come è cambiato il modo di farlo dopo la pandemia? Ne scrive Raffaella Roviglioni nell’ultimo numero di Agile Italian magazine (marzo) sul tema “da remoto”
Il patriarcato non esiste più, i femminicidi non sono un’emergenza, il gender gap salariale lo state guardando in modo sbagliato, le quote blu servono: non importa quante statistiche, quanti studi mostri (anche se li ha prodotti una premio Nobel per l’economia), in questi ultimi mesi ne abbiamo sentite tante di contestazioni simili alle lotte femministe e mi sembra che le modalità di certi commentatori assomiglino sempre di più a quelle dei negazionisti della crisi climatica. La parola a Donata Columbro.
Il feedback è una competenza chiave per manager, ma è difficile da dare e da chiedere.
Le persone spesso dicono di non ricevere abbastanza feedback
Una guida sulla web accessibility scritta da Donatella Ruggeri per Talent Garden.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Lato ascolti ho iniziato “Non avrai altro Dio” un podcast sull’intelligenza artificiale curato da Nicoletta Prandi per SenzaFiltro, decisamente basic ma comunque interessante, ottimo per avvicinarsi all’argomento e alle diverse implicazioni.
Continuo con Haikyu! To the top e The Marvelous Mrs. Maisel su Prime mentre su Netflix ho iniziato due nuovi k-drama: Tomorrow e Come i fiori sulla sabbia, che mi ha fatto scoprire il mondo della lotta ssireum, il wrestling koreano.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Sul tema di oggi, consiglio due testi meravigliosi: Chi vuole cavalli più veloci? di Raffaella Roviglioni e L’arte di ascoltare e mondi possibili di Marianella Sclavi.
Riconfermo letture, visioni e ascolti della scorsa settimana.Proseguo con le letture di lavoro Branding agile e formula della fiducia di Flavia Rubino e con strategic design di Giulia Calabretta e Gerda Gemser. Proseguo con i soliti ascolti dei podcast de Il Post: Morning, Amare Parole.
Visioni. Sono tutta presa da una nuova serie TV: Le indagini di Lolita Lobosco. E per gli intermezzi, LOL, Talent show chi fa ridere è dentro, per ridere e scoprire talenti della risata e non solo.
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Settimana di lavoro sui progetti avviati intervallata con corsi di formazione e aggiornamento, ci dirigiamo spedite verso la fine del mese!
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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Bias è spesso tradotto dall’inglese come pregiudizio, ma è limitante. È una «scorciatoia mentale», un automatismo che inganna la mente. Come scorciatoie, aiutano a prendere decisioni veloci che generano credenze (che diventano poi stereotipi e/o pregiudizi difficili da scardinare).
Un numero eccezionale. Grazie!