Buon lunedì 12 maggio,
rieccoci dopo una pausa un po’ più lunga, tra ponti e stop. Il weekend qui è stato bello movimentato: Biella ha ospitato il 96° raduno degli Alpini e ti lascio immaginare la baraonda! Tutto sommato è andata bene, nonostante un episodio davvero spiacevole che, in qualche modo, mi ha rovinato la festa, nonostante Crosetto abbia detto di non farci caso.
Biella è stata comunque vivibile, pulita, organizzata (ero scettica). E la cosa che più ho apprezzato è stata una città a misura di persone, senza auto, senza traffico. Non ci si pensa mai, ma le nostre città sono organizzate per le auto, non per le persone. E quanto è stupendo invece camminare sulla carreggiata e non sul marciapiede? Riappropriarsi degli spazi urbani senza paura è un mio sogno (la mia paura è vera: ogni mattina rischio di essere travolta sulle strisce pedonali da automobilisti distratti e padroni della strada).
Durante il ponte del Primo Maggio, invece, sono stata in tour con un van camperizzato, in giro per la Provenza e la Camargue. Una prima volta che ha nutrito la mia idea di libertà. Un camper - o un van - dà tutto quel che serve per spostarsi e vivere, facendo a meno di strutture (alberghi, B&B, ecc) e godendosi il viaggio, appunto.
L’ultimo weekend a Biella e quello lungo in van mi hanno portata a fare alcune riflessioni su come il design degli spazi urbani possa essere (e sia) una risorsa per ridisegnare gli spazi umani.
Ma partiamo dall’inizio.
Io sono Tatiana e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina (e a volte il martedì) per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

Luoghi umani: tra architettura dell’informazione, interazioni e relazioni
«I luoghi sono palinsesti dove si depositano le storie delle interazioni delle persone con l’ambiente, gli oggetti, le altre persone.»
L’architettura dell’informazione è associata più spesso all’organizzazione delle informazioni su spazi digitali, ma ha a che fare con qualsiasi spazio che abbia bisogno di avere e dare senso alle cose.
L’architettura dell’informazione può trasformare gli spazi in luoghi, ossia arricchendo l’interazione, e quindi aumentandone il valore, tra l’essere umano e l’ambiente e tra l’essere umano e l’informazione.
Il modo in cui gli spazi sono organizzati la dice lunga sulla cultura di una comunità: un po’ come dicevo all’inizio rispetto alla differenza sul camminare sull’intera carreggiata e su un marciapiede. Lo spazio dedicato alle persone si riduce per far spazio a quello dei veicoli a motore. Ma nel momento in cui ci si riappropria della misura umana di uno spazio, ecco che quello diventa luogo.
C’è una differenza sostanziale tra spazio e luogo. Come sottolinea Luca Rosati, introducendo il concetto di placemaking, lo spazio è la base materiale della propria esperienza, è un’entità oggettiva e impersonale. Il luogo invece è il risultato dell’esperienza di quello spazio che diventa quindi soggettivo e personale.
Dopo aver vissuto la (mia) città in modo diverso, desidero una città più progettata per umani, ancora di più. Chissà le altre persone come la pensano? Mi piacerebbe fare una ricerca per capirlo e poi riprogettare la città come luogo co-progettato (per ora un sogno, ma chissà che un giorno…).
Cosa ne verrebbe fuori? Sono molto curiosa.
Una mappa delle esperienze
Ogni volta che organizzo un viaggio, come quello appena fatto in van tra Provenza e Camargue, parto dal disegno su una mappa abbastanza generale che non sia troppo limitante. Inizio immaginando quale potrebbe essere il percorso che metta insieme ciò che vorrei vedere ed esperire con un percorso sensato a tappe che permetta di ottimizzare i chilometri da macinare, con il vincolo di non trascorrere troppe ore alla guida. Molti blog di viaggi hanno articoli organizzati in questo modo: parti da qui, passa di là, fermati lì. È un metodo funzionale.
Quello che succede la maggior parte delle volte è che alla fine l’itinerario pensato all’inizio si arricchisca e si modifichi sulla base dell’esperienza vissuta in quel viaggio. E quello che ricordo, quello che porto a casa, è l’esperienza legata a quei luoghi che diventano, appunto, personali.
I miei viaggi diventano le mie storie che, oltre a ciò che ho visto (monumenti, scorci, ristoranti, musei, mostre, concerti, ecc), racconteranno anche il mio vissuto personale trasformando quel viaggio in qualcosa di mio e solo mio. Sicuramente replicabile anche da altre persone: la loro storia sarà diversa dalla mia, ma legata dal ricordo.
Come viaggiatrice, faccio fatica a leggere le guide prima di partire: ho bisogno di respirarlo uno spazio, per conoscerlo e capirlo e di improvvisare facendomi stupire da quel che incontro lungo la via. Sono una a cui piacciono i viaggi itineranti: stare in un posto per più di tre giorni mi annoia tantissimo.
Luoghi trovabili con un navigatore di ricordi
Ecco perché il mio vero viaggio è quello che vivo durante e che ri-disegno alla fine: un navigatore di ricordi di quel che ho vissuto ed esperito in modo immersivo ed emozionante. E che si innesca in racconto più grande scritto da altre persone. Mentre scrivo, ho ripensato a Pleens, un progetto bellissimo di
.Racconto, architettura dell’informazione ed esperienza sono strettamente correlati. E grazie al digitale queste storie possono diventare una grande storia collettiva che ridisegna gli spazi e li trasforma in luoghi visibili, comuni e condivisibili.
Progettare e/o riprogettare spazi perché diventino luoghi e storie condivise ha un potere enorme nel creare ed essere comunità, anche ubiqua.
Credo sarebbe bellissimo.
Buon inizio settimana,
Tatiana (e Chiara)
📃Abbiamo parlato di
📍Cose che hanno lasciato un segno
Armonia artificiale in azienda
Un documento (o un sito) accessibile non è solo aumentare la grandezza del carattere. C’è ancora molta strada da fare
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Grazie al consiglio di
, ho iniziato a guardare A man on the inside, su Netflix, e mi piace parecchio, adoro il protagonista Ted Danson dai tempi di The good place e anche questa volta non mi sta deludendo.Ho letto Il passaggio, di Pietro Grossi, su consiglio di un amico, un romanzo breve su un figlio che aiuta il padre a portare una barca a vela dalla Groenlandia al Canada. Mi è piaciuto molto, anche se mi ha disturbato lo sguardo maschile oggettivizzante nei confronti delle donne che ruotano intorno ai personaggi principali.
Lato podcast continuo a seguire la seconda stagione di Sigmund, un altro di quei podcast che arricchisce e fa riflettere.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Letture. Proseguo con Il mago delle parole di Giuseppe Antonelli. Molto interessante, soprattutto perché «La grammatica è glamour.»
Ascolti. Proseguo con i soliti ascolti: Sigmund, Amare parole, Orazio di Matteo Caccia, Morning con Nicola Ghittoni, Ci vuole una scienza con Beatrice Mautino ed Emanuele Menietti.
Visioni. Proseguo con The Blacklist (8^stagione) e ho iniziato The residence (1^stagione)
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Dopo esserci godute Biella durante l’adunata degli Alpini, questa settimana torniamo a lavorare a testa bassa sui tanti progetti aperti in una miscellanea di mail e incontri, dal vivo e on line.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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