Quando i team funzionano
Cosa significa far funzionare un team di lavoro? Quali sono gli elementi che permettono di raggiungere la meta? È tutta questione di comunicazione, collaborazione, intesa e fiducia. E qualcosa di più.
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Sono diverse settimane che, per un motivo o per un altro, penso ai team di lavoro. Come fanno a funzionare, perché, a volte, invece non funzionano e come e perché performano e creano valore. Tempo fa avevo pure coordinato un progetto formativo su questo tema, più incentrato sulla comunicazione (che poi, tutto è comunicazione): da quel che accade nel gruppo al dare feedback costruttivi, da come quel team presenta fuori ciò che ha fatto al proprio interno a come quel che ha prodotto influenza il lavoro di un altro team collegato e trasversale.
La questione è ben più ampia, ma vorrei soffermarmi su qualche punto e provare a fare qualche riflessione, anche perché io stessa faccio parte di team di lavoro, verticali e trasversali, in cui ho ruoli differenti.
Parliamo di team
La questione della leadership, prima di tutto. Nella mia esperienza, un team che funziona ha una leadership forte. Per me non significa che ci sia una persona a imporsi o a comandare, ma una persona che sappia guidare, condurre, facilitare le interazioni e fare in modo che gli obiettivi siano raggiunti. Un team senza leadership, a mio parere, può funzionare per un po’, ma non nel lungo periodo. Una guida è necessaria (un po’ come la strategia).
Gli obiettivi. Un team che funziona ha degli obiettivi da raggiungere. Obiettivi che possono essere anche dover svolgere dei compiti per permettere a un altro team di agire per portare avanti un progetto, a maggior ragione se il progetto è complesso. “Nulla unisce più di un obiettivo chiaro e condiviso”, dice Chiara.
Le competenze. Per quanto sia una fautrice della contaminazione, credo che le diverse competenze delle singole persone siano da rispettare, senza che ci siano tentativi di appropriarsi e voler appropriarsi di competenze e compiti altrui. Non sto parlando di comparti stagni dove ogni persona fa il suo, ma del rispetto dei confini.
Flessibilità e aggiustamenti. Un team deve avere quella flessibilità che permette di sperimentare, cambiare e, ogni tanto - quando serve - improvvisare. Un piano prestabilito da cui non poter mai uscire e senza sbavature non può funzionare nel lungo periodo. Un team è vivente e come tale subisce influenze anche esterne. Se ci si àncora al proprio interno i rischi aumentano.
Debrief e analisi degli accaduti e degli errori. Questa è una di quelle cose che mi riprometto sempre anche io e che succede poco. Un buon confronto su cosa sia andato bene, cosa male e come si possa migliorare è fondamentale per non ricadere negli stessi errori. Imparare ad ascoltare e ascoltarsi per aumentare la consapevolezza di come quel team funziona e cosa invece ne ostacola il miglioramento.
Il design e l’approccio human centered. Il principio secondo il quale coinvolgere le persone in un processo aiuta a rendere quel processo (e il risultato) più fluido ed efficace. Usare il design per collaborare e far collaborare i team secondo me è davvero vincente. Soprattutto quando i team sono diversi, numerosi ed eterogenei. Usare il design per collegare i diversi team può essere meno faticoso che “abbattere i silos”. Collaborare, confrontarsi, co-progettare, contaminarsi per crescere, insomma.
In tutto questo, ho ripensato alla staffetta, quando ero una atleta. È tutta una questione di squadra: siamo in quattro, abbiamo un obiettivo nostro (vincere e arrivare prime) e un obiettivo più grande (la squadra intera che porta a casa i migliori risultati) e per arrivarci dobbiamo collaborare, dobbiamo pensare insieme, guardare verso la stessa direzione. Ma c’è un elemento in più. Nella staffetta, esiste una zona di cambio, dove due persone devono passarsi il testimone, senza farlo cadere, nel modo più fluido possibile. È una zona ibrida, dove ci deve essere intesa, comunicazione, conoscenza, fiducia, nella durata di pochissimi attimi. Se qualcosa va storto, il testimone potrebbe anche cadere. Ma se tutto va bene, si taglia il traguardo e si gioisce. Insieme.
Buon inizio settimana,
Tatiana (e Chiara)
📃Il nostro blog/la nostra newsletter
Si sente parlare spesso di approccio Human centered design. Cos’è? Da dove arriva? Un articolo sul blog prova a fare chiarezza.
📍Cose che hanno lasciato un segno
Sul tema di questa newsletter, per approfondire punti di vista.
Gestire persone è la newsletter di Luca Sartoni che parla di team, persone, relazioni. Preziosa e interessante.
Le persone contano. Una serie di articoli per anticipare l’uscita del libro People matter di Marco Bertoni che fa il punto sulle persone tra lavoro, inclusione, design.
Il DiParola Festival è stato un evento superlativo. Se l'hai perso, puoi ancora recuperare. Se acquisti il biglietto ricevi le registrazioni e altri benefit. Ne vale la pena, credici.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Niente letture questa settimana e nemmeno serie TV, ma ieri una giocata di DnD e un salto all’Ikea mi hanno regalato una boccata d'aria fresca dai troppi impegni della settimana scorsa.
Lato podcast ho ascoltato un paio di episodi di EvenTalks, il podcast di Kampaay e li ho trovati un po’ insipidi. Ho ascoltato anche un episodio di Piccoli non sfigati, il podcast di Guido dedicato ai freelance e ci ho trovato dentro tanta trasparenza e generosità: per quanto mi senta sempre più lontana da quella realtà, credo sia un lavoro meraviglioso di condivisione a cuore aperto.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
L’ultima puntata di The marvelous mrs Maisel mi ha fatta piangere per un po’. Me la sono goduta, minuto per minuto. E sono anche andata indietro per riviverla ancora un po’. Mi mancherà tantissimo.
Poco o nulla di nuovo da segnalare sul fronte letture. Ho invece ascoltato la puntata dedicata a Michela Murgia su Morgana. E pure qui scorta di fazzoletti.
Ieri era il primo giorno del mese ed uscita la nuova puntata di indagini di Stefano Nazzi. Non l’ho ancora ascoltata, ma rimedierò a breve!
Mancano pochissimi giorni al Summit di Architecta e sono immersa nel far funzionare le cose. Ci sarai?
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Questo autunno è in fermento: qui non ci siamo quasi nemmeno accorte che settembre è finito. Questa settimana abbiamo qualche incontro di lavoro, un incontro di team e un evento organizzato dalla nostra rete Pleiaris.
📍Note a piè di pagina
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questi simboli: « ǝ», «з»
Cosa significano? Sono simboli fonetici [schwa (o scevà)] utilizzati per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Il simbolo fonetico /ə/ si usa per le desinenze al singolare. Lo schwa lungo /3/ invece per il plurale. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
📍Note a piè di pagina/ 2
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. Qui i dettagli.
È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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