Il design è strategia
La strategia è design. Il valore del design dentro le organizzazioni per generare cambiamento
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Nell’ultima settimana, ho lavorato su diverse cose che, a vario titolo, mi hanno portata a una riflessione. Da quando con il mio lavoro mi sono spostata dalla comunicazione in senso stretto verso l’user experience design c’è stato un grande fraintendimento: che abbia smesso di fare strategia e abbia spostato il mio lavoro più sulla tattica, sulle azioni.
Il fraintendimento è normale. Già il termine «design» è un’etichetta ambigua appiccicata a vario titolo a web, content, UX, UI, e chi più ne ha più metta. Non si tratta solo di fare wireframe, test di usabilità, interfacce ecc, e nemmeno di fare architettura dell’informazione, ma di essere guidati dal design come modus operandi nelle organizzazioni, grandi e piccole, nei team di lavoro, tra persone.
Per me, ma non solo, il design è qualcosa cha a che fare con la strategia, perché riguarda il modo in cui si fanno le cose. Non porta beneficio sono alle persone destinatarie (user), ma anche al business. Dico sempre che per trovare una soluzione, serva lavorare per sperimentazione e iterazione per migliorare e perfezionare un prodotto, un servizio e anche un flusso tenendo in considerazione sia i bisogni delle persone, sia gli obiettivi di business, per ridurre la complessità e aumentare il valore, dentro e fuori le organizzazioni.
Ecco perché per me il design non ha solo a che fare con la tattica e con la fase più operativa. Il valore del design si misura quando entra nelle organizzazioni a diversi livelli: dalla leadership e dalla pianificazione strategica fino all’esecuzione, e mai solo in quest’ultima che rimane un risultato finale e mai una premessa iniziale.
La scorsa settimana Chiara ha iniziato una riflessione su come anche il business sia strettamente correlato al design: progettiamo, facciamo analisi, ricerca per prendere decisioni e poi calare nelle azioni (tattica) quello che è emerso prima nella fase strategica.
La vera chiave di volta è portare le buone pratiche del design nelle organizzazioni, promuovendone il valore e dandone coerenza con le azioni, per fare in modo che si inneschi un vero cambiamento culturale, prima interno e poi, di riflesso, anche verso l’esterno.
È vero anche che investire in un approccio del genere potrebbe non portare risultati immediati e nemmeno nel breve termine, ma la sfida sta in questo, secondo me: innescare un cambiamento per affrontare un cambiamento, farlo un passo alla volta.
Io per prima non mi accontento di fare design a livello tattico, creando architetture dell’informazione, disegnando flussi o somministrando qualche intervista. Mi piace fare queste attività, certo. Ma solo se partono da una visione, da una strategia, appunto. Altrimenti sono attività fini a loro stesse che andranno riprese perché non funzionano.
Cerco di portare il design strategico dentro le organizzazioni con le quali lavoro, per far emergere il valore del design, quello che mette al centro le persone. Perché solo così può esserci trasformazione. Solo così può esserci evoluzione.
Buon inizio settimana,
Tatiana (e Chiara)
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Settimana di preparativi sotto tanti aspetti: per il mare, dove sono ora, per un corso di formazione in autunno e per il blog di Kanji.
Proseguo con la seconda edizione di Dungeons &Deejay e con i k-drama su Netflix: ho finito Romance is a bonus book e ho iniziato Start-up. Qui il dramma romantico è ambientato in un incubatore per start-up, del quale riportano i meccanismi in modo decisamente più poetico di quanto capiti da noi. Consigliata!
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Un fine settimana all’insegna dei prefesteggiamenti. Oggi è il mio compleanno, ma è lunedì. Così ho anticipato qualche festeggiamento, ma senza dirlo (che dicono porti male). La scorsa settimana ho fatto una lunga trasferta per un sopralluogo pazzesco e ho usato le ore di treno per ascoltare qualche puntata di Indagini curato da Stefano Nazzi (è uno dei miei podcast preferiti per come è progettato e costruito e per la lucidità della costruzione) e per leggere qualche articolo salvato nei “da leggere”.
Morning ogni mattina e, da sabato, anche Morning weekend con Luca Misculin per una rassegna stampa estera e Amare Parole la domenica.
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Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questi simboli: « ǝ», «з»
Cosa significano? Sono simboli fonetici [schwa (o scevà)] utilizzati per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Il simbolo fonetico /ə/ si usa per le desinenze al singolare. Lo schwa lungo /3/ invece per il plurale. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
📍Note a piè di pagina/ 2
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. Qui i dettagli.
È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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