L’intelligenza emotiva applicata al business.
Per arrivare ai numeri attesi serve passare dalle persone.
Giovedì scorso ho seguito il webinar di Stefano Bussolon sull’intelligenza emotiva e credo sia una competenza molto interessante anche in ambito business, soprattutto se stiamo progettando una nuova idea di business o un piano strategico di lungo periodo. Ma anche per lavorare meglio, nel quotidiano, con le persone intorno a noi.
Io sono Chiara e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.
Più il tempo passa e più trovo che parlare di business voglia dire parlare di persone. Non perché i numeri non contino, ma perché sono sempre il riflesso di azioni, comportamenti e scelte (o non-scelte) messe in atto dalle persone.
Il mio lavoro di business analyst consiste in un viaggio andata/ritorno tra numeri e persone.
Dai numeri alle persone: dai numeri capisco la forma di un business, le relazioni di cui si compone, le sue debolezze e i punti di forza, tutte caratteristiche date dalle persone che abitano quel business, che lo interpretano e portano avanti ogni giorno.
Dalle persone ai numeri: solo dopo aver compreso, rappresentato e misurato ciò che le persone portano al business, posso aiutare a prendere le decisioni più in linea con la direzione verso cui andare, per trasformare azioni e scelte nei numeri desiderati. E non parlo solo di valori economici, di numeri di bilancio, ma anche e soprattutto di tutto il resto: volumi, dimensioni, tipologie di investimento, ecc.
Per questo motivo credo che sia molto più utile parlare alle persone delle persone, invece che solo di numeri, soprattutto qui, in una newsletter fatta per ispirare, invitare alla riflessione, porsi domande.
Scrivo di intelligenza emotiva perché è utile al business, anche se conosco decine di colleghe e colleghi che a una tale affermazione non crederebbero. Perché se sei abituatǝ a pensare che tutte le altre persone siano pigre, inaffidabili, in malafede, incapaci, inutili o dannose ecco, non puoi pensare che lavorare e interagire con loro in modo più profondo (coinvolgendo le emozioni) sia proficuo per la tua impresa. Oltre che per vivere meglio.
Cos’è l’intelligenza emotiva?
Secondo Bussolon ci sono 6 elementi che compongono l’intelligenza emotiva di una persona.
Essere consapevole delle proprie emozioni: riconoscerle (così come le ragioni che le hanno innescate) e dare loro un nome, per capire anche come influenzano i pensieri individuali e l’interpretazione di ciò che succede intorno e delle proprie azioni.
Esprimere le emozioni in maniera appropriata (e non disfunzionale): sia in forma verbale sia non verbale per stare meglio e migliorare le relazioni con le altre persone (più fiducia, più intimità, meno conflitti).
Riconoscere e comprendere le emozioni delle altre persone: capire se sono sincere, quali sono le cause, anche al di là delle differenze culturali e individuali.
Gestire e regolare le proprie emozioni: soprattutto in situazioni stressanti, per mantenere la calma e pensare prima di agire.
Tenere conto delle emozioni nei ragionamenti: tenere conto di come influenzano i propri pensieri e i processi cognitivi, per uscire dalla prospettiva binaria di pensiero razionale vs pensiero emotivo e abbracciare un ragionamento più ampio che includa e comprenda entrambi gli aspetti.
Aiutare le altre persone a gestire le loro emozioni: entrando in risonanza, aiutandole a regolarle, gestendo le situazioni conflittuali o, nel ruolo di leader, usandole per creare connessione, motivare e ispirare.
Il fatto che molte di queste capacità le vediamo scritte tra le soft skills dei curricula mi sembra un buon primo indicatore di quanto l’intelligenza emotiva sia importante sul lavoro. Ma c’è di più.
L’intelligenza emotiva è utile al business perché permette di potenziare il fattore umano presente in ogni azienda, ampliando il ragionamento alla parte emotiva, gestendo le comunicazioni in modo più efficace, regalando maggiore benessere alle persone che prendono decisioni per l’intera azienda.
Soprattutto nelle imprese di servizi, uscire dalla logica fordista tipica della produzione di beni materiali, a favore di una più ampia valorizzazione delle persone, permette di capire e sfruttare quegli elementi intangibili ma spesso determinanti della unique value proposition.
Un business è un insieme di decisioni
Un business è un insieme di decisioni prese da una o più persone.
La qualità delle decisioni individuali è influenzata dai processi cognitivi sottostanti, a cui si aggiunge, nelle decisioni collegiali, la qualità delle relazioni tra le persone facenti parte dell’organo decisionale.
Abilitare un ragionamento collettivo che integri il piano razionale a quello emotivo, sia individuale sia del gruppo, permette di aprire a più punti di vista e quindi è un punto di forza per qualunque business.
In questo periodo, sto supportando un team di Ernst&Young che fatica tantissimo a fare business analysis di un'azienda di servizio, pur essendo analisti e analiste eccezionali. Perché la loro esperienza è maturata nelle aziende di prodotto, nella manifattura, dove viene più facile dimenticare il fattore umano.
Non è questo il caso, ma ho visto negli anni fin troppe proposte che arrivano da consulenti direzionali, scendono dal vertice aziendale all’ultima delle risorse umane e però non riescono a portare i numeri attesi. Perché sono proposte che vogliono modificare i numeri di un business da un valore storico/attuale a un valore atteso futuro, ma che per diventare realtà devono passare dalle persone, dal cambiamento dei loro pensieri, dei loro comportamenti e delle loro decisioni, per quanto si tratti a volte di micro-decisioni (spoiler: anche “un operaio attaccato a una macchina” può aggiungere/togliere/modificare il proprio contributo agli obiettivi aziendali).
Lavorare per aumentare l’intelligenza emotiva delle persone non dà alcuna garanzia di successo al business, ma offre un vantaggio competitivo oggettivo. Devo “solo” capire come misurarlo per poter convincere anche le persone più scettiche (maschi alfa soprattutto), le stesse persone che più spesso prendono decisioni per i grandi business e che verosimilmente non vogliono sentirsi dire che il loro acumen negli affari è come udire da un solo orecchio, piene di timori nel togliersi la bambagia dall’altro.
Questo credo sia il principale motivo per cui l’intelligenza emotiva, insieme con una certa dose di umanesimo, non entri di solito nei temi di business, questo credo sia il motivo per cui di solito si dà più lustro (e ascolto) a chi parla di numeri invece che di persone. Sbagliando.
Da dove partire?
Al di là dello studio e della formazione in materia, al di là del mio personale obiettivo di trovare il modo di misurarne l’impatto economico, credo che allenare e allenarsi a utilizzare l’intelligenza emotiva nel nostro quotidiano sia il passo più importante.
Perché vivere sulla nostra pelle quanto può migliorare il nostro benessere personale e la qualità delle decisioni individuali, ci permette di immaginare come possano cambiare radicalmente contesti, situazioni e scelte nelle imprese per e con le quali lavoriamo.
Io sono partita dal dedicare del tempo di qualità durante le ore di lavoro a comprendere le mie emozioni e quelle delle altre persone, per ampliare i ragionamenti e i punti di vista. E man mano che questa attività mi è diventata più facile e veloce, ho iniziato ad applicarla durante le riunioni di lavoro, prendendomi delle micro-pause (prima di parlare, ad esempio, o tra una frase e l'altra). E oggi, a volte, riesco anche a esplicitare quello che sto facendo (riflettere sulle emozioni) per rendere consapevoli le altre persone presenti con me all’incontro, sperando che le stimoli a fare altrettanto. Non ci riesco sempre, tutt’altro, direi una riunione su tre, ma mi sta illuminando molto più di tantissime altre pratiche osannate nel mainstream tradizionale.
Buona pratica, buon inizio settimana,
Chiara (e Tatiana)
📃Abbiamo parlato di
L’intelligenza emotiva aiuta anche a smontare il bias della complessità e allenare a un nuovo mindset.
📍Cose che hanno lasciato un segno
Ascolta è il nuovo podcast sugli articoli de Il Post letti e spiegati da chi li ha scritti
«Vedere il bit e non la luna» a proposito dell’immagine condivisa da milioni di persone nei giorni scorsi «All eyes on Rafah»
Cosa significa davvero chiedere scusa? Non di certo uno scarico di responsabilità su chi dovrebbe ricevere le scuse
Le parole sull’accessibilità, inclusività, usabilità. Il design system deve parlare anche dei contenuti
Persone altamente sensibili (PAS): chi sono e come convivere con l’ipersensibilità
Il 5 giugno è la Giornata mondiale dell’ambiente, come celebrarla a dovere?
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho iniziato a leggere Di pancia, l’ultimo libro di poesie di Alessandra Racca, e me lo godo una poesia alla volta, senza divorarlo come mi verrebbe voglia.
Mi sono immersa con grande delizia nel mondo di Bridgerton, su Netflix, serie TV in costume che è un piacere per gli occhi. Nel frattempo ho iniziato ad ascoltare Yamato, un podcast dedicato al Giappone da una prospettiva storica. Molte le curiosità riportate, alcune non le conoscevo, per esempio i ceppi genetici dei fiori di ciliegio. Consigliata a tutte le persone amanti del Giappone!
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
La scorsa settimana ho partecipato a Urca!, due giornate all’insegna della User Research tra esperienze idee e storie. Ho imparato tantissimo e ho conosciuto un sacco di persone super interessanti. Una cosa che mi porto a casa e che ritengo sia un buon punto di partenza per la riflessione generale sulle professioni non convenzionali è che ci sia ancora tanto da fare, dire e progettare per fare in modo che il valore di quel che facciamo sia percepito di più, anche in termini di ROI.
Sempre la scorsa settimana ho iniziato un corso di formazione che mi sta piacendo un sacco: 10 lezioni sui podcast, organizzato da Il Post.
Ascolti. Tra gli ascolti di questa settimana, consiglio la nuova puntata di Amare Parole sul turpiloquio e la nuovissima puntata di Puntino (se non lo conosci ti consiglio di ascoltarle tutte. Le trovi su Spotify.
La puntata 10 parla di intelligenza artificiale con Alberto Puliafito.
Il primo giugno è uscita una nuova puntata di Indagini se anche tu hai l’ossessione per il crime.
L’ultima puntata di Sigmund , registrata il 22 aprile al teatro Alighieri di Ravenna davanti agli studenti di diverse scuole medie superiori, è da ascoltare e riascoltare, in loop.
Visioni. Proseguo con Criminal minds per il mio allenamento quasi quotidiano all’ascolto attivo e all’osservazione non giudicante.
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Settimana di lavoro su progetti già avviati, mentre venerdì seguiremo da remoto l’evento uxday, se ti interessa ci sono ancora dei biglietti late board disponibili.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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Se la formazione all'intelligenza emotiva partisse dagli asili e dalle scuole - alcuni rari esempi iniziano a palesarsi - non sarebbe più necessario acquisire queste doti in età adulta, dove l'attività cerebrale è meno malleabile, anche per i pochi temerari che almeno si pongono la questione. Grazie per il post, molto interessante.
Bella questa newsletter, Chiara. Condivido ciò che dici sull’intelligenza emotiva, bel percorso stai facendo 🌸