Modelli di crescita nel business
Il modello di crescita predominante non è l’unico possibile, anzi, è destinato a funzionare sempre meno.
Io sono Chiara e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.
Questa riflessione nasce da un insieme di pensieri che raccolgo da mesi sul tema, parlando con persone amiche, analizzando business di vario genere, confrontandomi con colleghз e clienti. Mi piacerebbe diventasse un confronto collettivo. Se ti va possiamo proseguirlo insieme nei commenti che trovi qui in fondo.
Modello predominante di business
I mercati finanziari crescono sempre nel lungo periodo.
Affinché continuino a farlo ci dev’essere uno sviluppo (più o meno proporzionale) della sottostante economia reale, cioè deve aumentare la somma della controparte monetaria del valore scambiato tra imprese, enti, organizzazioni e consumatori finali.
Affinché il capitale investito dia un buon rendimento, bisogna crescere.
E in questo contesto, il modello predominante nel business è quello dimensionale, vale a dire che un’impresa cresca aumentando una o più delle sue dimensioni: fatturato, personale assunto, di occupazione fisica, dividendi, ecc.
Questo modo di pensare alla crescita di imprese si concentra intorno a due narrazioni mainstream.
La prima, quella tradizionale tipica della rivoluzione industriale: fondare un’impresa individuale che generi un profitto, aumentare la clientela servita, assumere sempre più persone, aumentare le immobilizzazioni attive, trasformarla in società di capitali e poi essere quotata in borsa. Le storie di successo che ci portiamo avanti dagli anni del boom economico sono allineate con questa matrice, con qualche piccola variazione sul tema.
La seconda narrazione che si è aggiunta più recentemente è quella legata all’innovazione: fondare una piccola startup, trovare qualche persona che finanzi l’idea di business, far crescere velocemente la quota di mercato posseduta, da new entry a top player, e in pochi anni trasformare la startup in un unicorno.
Impresa “tradizionale” e startup hanno in comune un unico modello di crescita basato sullo sfruttamento del capitale (ciao Marx 👋) in tutte le sue forme: quello finanziario in primis, ma anche (e soprattutto) capitale umano, risorse ambientali, territorio e comunità di insediamento, relazioni sociali.
A discapito di chi sei dispostǝ a crescere?
Fare un elenco dei possibili soggetti a discapito dei quali un'impresa cresce può sembrare un elenco banale, ma spesso manca la consapevolezza di cosa comporti quello sviluppo nell'ecosistema intorno a noi. Possiamo crescere a discapito delle persone che lavorano per noi, a discapito dell'ambiente, di altre imprese della nostra filiera, di altre imprese direttamente o indirettamente concorrenti, ecc.
C'è chi non si ferma davanti a nulla, c'è chi è sensibile al tema dell'ambiente, c'è chi ritiene auspicabile sottrarre quote di mercato dai concorrenti. Ogni persona ha una propria bussola valoriale che determina spazi di azione e limiti collegati.
Cosa puoi fare se la tua impresa non segue la narrazione mainstream? Cosa fare per restare nell'ambito dei #piccolinonsfigati, se ciò a cui tieni di più sono la bontà e la qualità delle relazioni che si sviluppano all'interno e all’esterno della tua impresa?
Crescere in modo differente
In questi giorni, ho iniziato a delineare un progetto di lavoro con una piccola impresa di servizi, che si sta interrogando su dove vuole andare e quindi, tra le altre cose, quale modello di crescita vuole adottare per sé.
Al di là del fatto che per fare questo tipo di ragionamenti serve mettere in fila, in modo chiaro e sintetico, una serie di dati economico-gestionali (mia specifica competenza professionale) mi sono resa conto che c’è un fil rouge che accomuna tutte le imprese private con cui ho lavorato fino a oggi.
Oltre a una corretta remunerazione del capitale economico e del tempo lavoro investito nella propria impresa, nessuna delle persone con cui abbiamo lavorato fino a oggi con Kanji vuole crescere a tutti i costi, bensì vuole trovare un compromesso che senta giusto tra solidità, sostenibilità e remunerazione.
A tutte le persone come loro, che non credono che la crescita in quanto tale sia sempre auspicabile, ma che invece hanno voglia di cercare nuovi modelli di sviluppo per il proprio business, chiedo di pensare out of the box.
Non limitiamoci a pensare a come minimizzare le risorse (di proprietà) assorbite per singolo prodotto (o servizio) venduto. Pensiamo invece a come valorizzare ciò che le nostre organizzazioni creano ogni giorno, in modo diretto e in modo indotto, su tutti i livelli del contesto nel quale ci muoviamo.
L'invito che voglio fare è di superare la logica stretta del capitalismo in una sorta di pan-capitalismo in cui la generazione di valore viene misurata rispetto all'investimento di capitali non solo finanziari, ma soprattutto umani, relazionali, valoriali, di comunità e di ambiente.
Perché tra tutti gli asset aziendali, in realtà, i soldi sono solo l'elemento più fungibile (cioè più facilmente sostituibile con qualcos'altro) tra i tanti rilevanti per l'impresa:
le persone in primis, interne ed esterne all'organizzazione, e le relazioni che hanno costruito nel tempo tra loro;
le risorse provenienti dalla filiera produttiva, dall'ambiente e dal territorio che ci circonda (energia elettrica, infrastrutture, comunità locale, ecc.).
La complessità chiama complessità e misurare la crescita di un business solo in termini di remunerazione del capitale finanziario è semplicistico e non risponde più a una misurazione efficace del valore delle risorse che assorbiamo e del valore che generiamo con le nostre imprese.
Cosa succederebbe se smettessimo di ragionare sulla prossima commessa da chiudere, sulla nuova persona da assumere, e ci concentrassimo invece su come aumentare, consolidare, valorizzare e dare struttura al ritorno di capitale che stiamo già generando su tutti i fronti (non finanziari) della nostra impresa?
Buon lunedì, buon inizio settimana, buona riflessione sul tuo futuro,
Chiara (e Tatiana)
📃Abbiamo parlato di
Affrontare la complessità è un tema complesso, a questo link trovi una serie di articoli sul tema che abbiamo scritto nel corso del tempo.
📍Cose che hanno lasciato un segno
Come stanno le persone che lavorano? Lo ha raccontato Roberta Zantedeschi a un evento promosso da Serenis
In vista dell’8 marzo non commettiamo i soliti errori come “auguri alle nostre donne!” Ne scrive Flavia Brevi
Quanto stress per organizzare un viaggio! La nuova campagna crossmediale di Alpitour per il brand Eden Viaggi punta su questo.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Nessuna lettura o visione da condividere a meno che anche tu non sia alle prese con uno di questi compiti:
cambiare macchina, posso condividere qualche decina di ricerche salvate in Autoscout e come funzionano i nuovi concessionari virtuali
arredare la camera da letto della figlia, posso condividere le nuove proposte Ikea dell’anno (con tanto di visita alla domenica pomeriggio. Sì, siamo a questo livello di disagio)
comprare un robot da cucina, visto che una infornata di riuscitissime meringhe ha aperto la via all’acquisto di un robot da cucina, resta un solo dubbio da sciogliere team Kenwood o team KitchenAid? Voci narrano sia corso del sangue tra le diverse fazioni ;-)
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Poche letture, ascolti e visioni questa settimana. Le ultime notizie mi hanno frastornata oltre che fatta arrabbiare.
Ho ascoltato In soldoni, il podcast de Il post per parlare di ciò di cui non si parla. È uscita anche una nuova puntata per rispondere alle domande arrivate in redazione. Nuova puntata anche di Indagini, quella chiamata Altre indagini riservata a chi ha sottoscritto un abbonamento a Il Post che parla del terremoto in Irpinia.
Quella sul sessismo in università è invece la nuova puntata di Amare Parole, il podcast di Vera Gheno.
Ho approfittato per ascoltare un po’ di musica, facendo altre cose. Il nuovo album di Mahmood Nei letti degli altri è molto carino. Viene voglia di concerti dal vivo.
Per un articolo su linguaggio inclusivo e parità di genere che devo scrivere, ho ripreso e riletto alcune parti di Scrivi e lascia vivere, il libro di Valentina Di Michele, Andrea Fiacchi, Alice Orrù. Se vuoi farti un’idea di cosa sia la scrittura inclusiva e accessibile, te lo consiglio!
Proseguo con Morning ogni mattina per la mia dose di informazione quotidiana con Francesco Costa. Sempre di Costa, molto utile la newsletter Da Costa a Costa. L’ultima è 86 per cento.
Visioni: terminata Mare fuori (sono uscite le nuove puntate), proseguo con la quarta stagione di True detective.
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Questa settimana cerchiamo di tenere il ritmo tra incontri sui progetti avviati, scrittura di contenuti e deep work verticale.
📍Note a piè di pagina
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questi simboli: « ǝ», «з»
Cosa significano? Sono simboli fonetici [schwa (o scevà)] utilizzati per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Il simbolo fonetico /ə/ si usa per le desinenze al singolare. Lo schwa lungo /3/ invece per il plurale. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
📍Note a piè di pagina/ 2
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. Qui i dettagli.
È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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È davvero interessante come approccio. Esistono dei modi per misurare le relazioni che non siano legate solo ai clienti? Per loro ci sono NPS e LTV. Penso che che questo pensiero innovativo possa e debba passare da una cultura della crescita anche guidata dai dati. Soprattutto per chi deve rendere conto agli azionisti.
Diverso discorso invece meritano le società per azioni, perché in generale queste tematiche rientrano nei criteri ESG che sono un must per le società quotate in Borsa e la nuova frontiera della "produzione di carta" (leggi: certificazioni volontarie varie) per tutte le altre.