Qual è il tuo desiderio?
Non è fare della tua passione il tuo lavoro, non è nemmeno fatturare di più. È aspirare alle stelle, avere un’utopia e volerla trasformare in realtà.
Ci sono diversi desideri dietro ogni business: alcuni più manifesti, alcuni più facilmente realizzabili, alcuni a volte in conflitto tra loro.
La scorsa settimana ho fatto la volontaria al WordCamp Europe perché fa parte di quell'utopia che voglio vedere concretizzata nel mondo, perché realizza una parte dei miei desideri. Il desiderio di un mondo in cui, per quanto legato al business, le persone si parlano e si ascoltano per davvero e insieme contribuiscono a qualcosa che non porta benefici solo a loro stesse, ma permette a tantissime altre persone nel mondo di fare cose che altrimenti sarebbero impensabili.
Io sono Chiara e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.
Un significato comune da applicare in tanti ambiti
Dalla newsletter di Alessandro Sahebi:
Desiderare viene dal latino siderare, ovvero l’atto di alzare lo sguardo per fissare le stelle. È sognare ad occhi aperti.
Il fascino per gli astri ha sempre caratterizzato la nostra specie, generando miti, leggende, scoperte scientifiche. Senza il desiderio di toccare il cielo, non avremmo costruito cannocchiali, aerei, satelliti, astronavi. Abbiamo guardato la volta celeste e ci siamo promessi di raggiungere le stelle. Un’utopia che poi si è incredibilmente realizzata.
Abbiamo bisogno di un’utopia che segni la direzione, che ci aiuti a dire dei no, che ci sproni e dia un senso di scopo al nostro agire quotidiano.
Ne ha bisogno la politica, e in particolare la sinistra italiana, ne hanno bisogno le imprese e ne ho bisogno io nel mio ruolo professionale.
Impresa e utopia
Quando affianco le imprese nella definizione dei loro budget si parte sempre da un obiettivo: aumentare il fatturato e/o l’utile. Sempre da questo, eppure non basta mai.
Il fatturato non orienta le persone nel loro agire, solo una visione è in grado di farlo, perché risponde a domande difficili che hanno a che fare con “come vuoi cambiare il mondo?” “chi vuoi diventare?” “perché fai quello fai?”
Anche nelle situazioni più tradizionali, la persona responsabile del lavoro di altre persone sa che non basta pretendere che qualcosa venga fatto per ottenere un buon risultato. Abbiamo bisogno che le persone che lavorano con noi facciano il loro lavoro al meglio delle loro possibilità, che pensino a ciò che fanno, a come migliorarlo, a come si incastra con le attività di altre persone, a quale impatto genera se non viene fatto/fatto male/fatto in ritardo.
La lamentela più tipica in questi contesti è “se solo le persone pensassero a quello che fanno, invece di lavorare con la testa altrove!”. Ma perché non ci pensano? I motivi sono di tanti tipi diversi (la maggior parte non controllabili all’interno dell’azienda), ma molti hanno a che fare con il senso di scopo, sia personale, sia dell’impresa per la quale si lavora.
Il mio invito è iniziare a coniugare gli obiettivi concreti, necessari e spesso urgenti di un business, con quelli più utopici, ricchi di significato.
Più la visione di un business è alta, visionaria, e più è destinata a durare nel tempo, più è bassa, concreta, e più è probabile che si esaurisca. Se il nostro scopo è fatturare di più, alla prima difficoltà non sapremo come cambiare punto di vista senza perdere quello che abbiamo fatto fino a quel momento.
Più il nostro scopo è alto più sarà potente, tanto da ispirare le persone che lavorano con noi a chiedersi come possono fare meglio ciò che fanno, come possono contribuire a cambiare il mondo.
La lamentela successiva è altrettanto prevedibile: “sì, ma ci sono persone a cui non interessa dare un significato profondo al loro lavoro, guardano solo ai soldi a fine mese”. Vero, verissimo, e va bene così, ma qualunque sia la tua impresa non ci sono mai solo persone di questo tipo, ce n’è sempre qualcuna che aggiunge un significato in più e che quindi può essere meglio orientata, sentirsi più appagata e ottenere maggiore soddisfazione da ciò che fa, per sé e per l’azienda per la quale lavora.
Redditività di impresa: la mia utopia
Mi pento di tutte le volte che ho misurato le possibili scelte di un’impresa solo dal punto di vista della convenienza economica.
Tutte le volte che, con la mia analisi economica, ho implicitamente avallato un contratto di lavoro disumano (pagato troppo poco, senza il pasto retribuito, senza permessi retribuiti, ecc.), un outsourcing a cooperative senza ritegni, o la sostituzione di un gruppo di persone con una nuova tecnologia.
Mi pento di essermi limitata a misurare la convenienza economica della scelta, senza riuscire a trovare un modo di valorizzare economicamente anche la parte di benessere organizzativo, qualità percepita dei servizi (interni ed esterni), know-how e capacità di miglioramento delle persone di un team.
Con questo non voglio dire che non si debbano fare contratti atipici, appoggiarsi all’outsourcing o introdurre un’automazione, ma quando analizziamo queste situazioni dobbiamo tenere conto del fatto che il fattore umano non è pienamente valorizzato nelle regole attuali con cui misuriamo il valore di un'impresa e delle sue business unit.
In questi casi è difficile fare delle valutazioni più ampie, che comprendano le persone (le loro capacità le loro potenzialità e i loro limiti) e siano in grado di valutare i risultati potenziali che si potrebbero ottenere perseguendo altre tipologie di scelte, come cambiare le metodologie di lavoro, ad esempio, o le modalità interne di relazione, o le regole organizzative e gestionali.
Quando guardiamo ai soli risvolti economico-finanziari di un’impresa stiamo limitando il nostro punto di vista all'elemento più semplice di tutta l’equazione, il denaro, che è un bene fungibile e facilmente sostituibile, prestabile, convertibile.
Tutto il contrario delle persone, delle loro capacità, competenze, esperienze e relazioni che hanno creato con le altre persone. Asset intangibili e infungibili ma determinanti per il successo di qualunque impresa.
La mia utopia è riuscire a ideare un nuovo sistema di rilevazione contabile, probabilmente più complesso di quello attuale, ma soprattutto più efficace nel descrivere lo stato di un business, per migliorare la qualità delle decisioni strategiche aziendali.
Sogno un mondo in cui ci sarà un sistema di rilevazione che non si limiti alla valorizzazione economica di un business, ma sia in grado di misurare e dare rilevanza anche a tutto ciò che precede il risvolto economico e non importa quanto sia difficile misurarlo, perché è troppo importante per non tentare di puntare in alto, verso le stelle.
Buon inizio settimana,
Chiara (e Tatiana)
📃Abbiamo parlato di
Una newsletter di ottobre 2022 che mette insieme scopo di business e design.
📍Cose che hanno lasciato un segno
L'open-source rappresenta il 96% di tutte le basi di codice e il suo mantenimento si basa soprattutto sulla contribuzione volontaria.
Il costo di poter lavorare, quando lavorare diventa un privilegio, dall’ultima newsletter di Simona Melani.
Il costo di essere donna, una sorta di quantificazione economica della discriminazione di genere, dalla piattaforma di Rame.
I neolaureati italiani sono meno disposti ad accettare stipendi bassi rispetto a un anno fa.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
La prima puntata di Agretsuko, anime giapponese su Netflix, mi è piaciuta tantissimo: l’abbinamento tra cultura aziendale tossica e maschilista e musica heavy metal è geniale, e super divertente.
Alterno Di pancia, l’ultimo libro di poesie di Alessandra Racca, con Negli occhi di chi guarda, un romanzo di Marco Malvaldi ambientato in una tenuta toscana che viene vista e agita da tanti personaggi diversi, in base a ciò che rappresenta per ognuno di loro.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Poche news sul fronte letture, ascolti e visioni. Le ultime settimane sono state impegnative e sono in riserva di energia. Martedì e giovedì sera prosegue l’impegno con 10 lezioni sui podcast, organizzato da Il Post. Le ultime due lezioni sono state super con Valentina Lovato e Jonathan Zenti. Se non conosci Zenti, ti consiglio il suo podcast Problemi (una delle mie prime esperienze con i podcast. Esquire l'ha definito "Il miglior podcast Italiano".)
Ho iniziato a leggere il libro Leadership efficace: strumenti per manager alla prima esperienza di Luca Sartoni e mi piace molto: semplice, immediato, concreto.
Ascolti. Tra gli ascolti di questa settimana, consiglio la nuova puntata di Amare Parole: «Cosa sta succedendo con la legge 194 che garantisce il diritto all’accesso alle procedure di interruzione volontaria di gravidanza? Al G7 sembra che il nostro governo non ne voglia parlare.»
Ho iniziato ad ascoltare La città dei vivi e ci vado cauta, perché è davvero molto intenso.
Visioni. Proseguo con Criminal minds per il mio allenamento quasi quotidiano all’ascolto attivo e all’osservazione non giudicante. E ho iniziato Eric - Netflix - e Only murders in the building - Disney+.
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
All’urlo di “il 30 giugno finisce il mondo” (come prima di ogni estate e ogni Natale) ci aspetta una settimana carica di operatività: task da chiudere, siti da mandare on line, milestones da raggiungere. Appena riemergiamo, dedicheremo tempo ed energia a divulgare il concetto che non finisce un bel niente, è solo uno dei riflessi della cultura della performance, nel frattempo però testa bassa “e via andare”, ché a volte è più facile prima fare e poi spiegare, soprattutto con i clienti.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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