Fare impresa nel 2025
La remunerazione del capitale è diventata una faccenda dannatamente complicata.
Nelle settimane di pausa appena passate, qui nel Biellese il panorama cambiava ogni giorno: da montagne scintillanti di neve a pascoli secchi e brulli, in un’alternanza inverno/primavera che fa paura, se mi fermo a pensarci.
Ma la ruota della produttività è ripartita così veloce che fagocita tutto. Fagocita anche la consapevolezza dell’enorme problema climatico che stiamo attraversando.
Io sono Chiara e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

Oggi mi è particolarmente difficile scendere dalla ruota e fermarmi, per condividere una riflessione di più ampio respiro, ma ci provo, perché più vado veloce e più ho bisogno di prendermi degli spazi di pensiero lento.
Parto da un assunto: nella nuova economia post-capitalista, chi fa impresa è ben poco più ricco di chi, dentro quelle stesse imprese, ci lavora. Mi riferisco alla piccola impresa italiana, quella che costituisce la larghissima maggioranza del tessuto produttivo in cui ci troviamo.
La ricchezza mondiale si sta sempre più concentrando e anche l’impresa italiana è sempre più schiacciata verso il basso, nella forbice della ricchezza. Perché nel divario che sta aumentando, tra redditi alti e redditi bassi, chi fa impresa in Italia, oggi, si sta appiattendo verso il basso, in una guerra tra poveri con i propri dipendenti, clienti e fornitori, una guerra che mi appare sempre più miope.
Credo che l’unico modo per uscirne sia adottare una visione differente di fare impresa che sta nella capacità, e nella scelta, quasi come una missione, di fare sistema con le persone con cui lavoriamo per dare vita, e poi tenere in vita, un organismo che riesca a stare a galla senza sfruttare nessuno, ma prendendo da ciascuno tutte e solo le energie che è in grado di dare senza esaurirsi, che si tratti dell’ambiente o delle persone con cui collabora.
Il nuovo modello post-capitalista reggerà nei prossimi anni?
Io non lo so di certo, e dubito che ci sia chi lo sappia davvero, ma quale alternativa abbiamo? Continuare a fare profitti sulla pelle di dipendenti, fornitori o clienti? O a scapito dell’ambiente ormai allo stremo?
Preferisco puntare tutto il mio capitale di rischio su un cavallo sano, perchè faccio innanzitutto una scelta valoriale e sono contro il doping, anche quando fa vincere.
Il modello del capitalismo puro tramonterà?
Se ascolti una persona pescata a caso da una qualunque delle Big Four, il modello è ancora del tutto valido e per massimizzare i profitti basta tagliare i costi di produzione, ottimizzare i processi di lavoro e/o aumentare la quota di mercato.
Simple as that.
Ma se è così facile perché non ci riesce quasi più nessuno?
Perché gli unici esempi sono sempre solo di matrice nord americana o cinese, dove le dimensioni aziendali sono incomparabilmente più grandi delle nostre?
Le grandissime imprese certe dinamiche forse non le vivono ancora, o hanno impatti non significativi. È invece nelle imprese di piccole dimensioni che gli effetti dei grandi cambiamenti si sentono prima, e a volte fanno saltare il banco: più la dimensione è ridotta, più è difficile assorbire gli stravolgimenti di mercato e restare in piedi.
Nello scenario che respiro intorno a me, chi fa impresa non lo fa per arricchirsi, non più. Lo fa perché è ciò che vuole fare nella vita, ha i mezzi iniziali per cominciare o le capacità per vedere e cogliere le opportunità del mercato e i bisogni delle persone.
L’unico neo è che non possono competere sul prezzo con i grandi competitor di settore, tanto che, sembra assurdo, hanno profitti decisamente più bassi, pur applicando prezzi più alti. Perché remunerano le risorse in modo equo, senza esagerare, senza esaurirle.
Nuovo e vecchio a confronto
Conosco un maglificio emiliano che ha subito due alluvioni in due anni: per ben due volte ha visto il suo laboratorio artigianale finire sommerso di acqua e fango, con tutti i tessuti da buttare e i macchinari da riparare. L’imprevedibilità e la forza crescente degli eventi naturali avversi sono uno degli esempi tipici del nuovo ambiente in cui chi fa impresa si deve muovere.
Tra una e l’altra alluvione, dopo un primo momento di disperazione, i titolari hanno ricostruito la produzione e sono ripartiti, grazie all’aiuto e al sostegno delle persone che ci lavorano, del territorio, della clientela e dei fornitori, tutti soggetti consapevoli del fatto che lasciar chiudere questa attività imprenditoriale sarebbe stata una perdita sotto tanti e diversi punti di vista (ben al di là della mancata remunerazione del capitale investito dai titolari).
La ricostruzione è stata possibile anche perché già prima delle alluvioni il modello d’impresa era di tipo artigianale puro: il rispetto e la valorizzazione di tutte le risorse utilizzate, nonché una direzione d’impresa collegata all’economia reale, senza eccessivo ricorso al credito e alla capitalizzazione selvaggia.
Abbracciare il nuovo modello post-capitalista è difficile perché si basa sulla continua ricerca di un equilibrio fragile, temporaneo e incerto. Ma è una scelta sostenibile, a livello etico, umano, ambientale e, solo come conseguenza ultima, a livello economico.
D’altro canto, appoggiarsi alla letteratura del modello capitalista puro, invece, è decisamente più rischioso di quanto possa sembrare. Abbiamo un bias che ci dice che ripetere ciò che ha funzionato in passato ha migliori probabilità di successo rispetto a tentare strade nuove, ma oggi, nel 2025, ci vuole un attimo a finire gambe all’aria, perché sotto il fare impresa tradizionale si nascondono rischi ben più ampi e profondi di quelli trattati dal risk management classico.
Quale che sia la strada scelta, fare impresa è diventata un’attività dannatamente difficile ma, ora come allora, sono le scelte valoriali alla base che determinano quali siano le strade possibili. E poi la determinazione, il coraggio, la capacità e le possibilità fanno la differenza tra chi continua e chi abbandona.
Buona scelta, buon lunedì,
Chiara (e Tatiana)
📃Abbiamo parlato di
Qual è il tuo desiderio?
Ci sono diversi desideri dietro ogni business: alcuni più manifesti, alcuni più facilmente realizzabili, alcuni a volte in conflitto tra loro.
📍Cose che hanno lasciato un segno
A proposito di crisi del modello capitalista in ambito inclusione e sostenibilità
Privacy, UX e identità di genere. Quando privacy e (buona) UX vanno nella stessa direzione
A Città del Messico c’è presenza capillare di campagne di sensibilizzazione e contrasto alla violenza di genere. Ne ha parlato Alice Orrù nella nuova puntata di Ojalá
I regolamenti contro il razzismo negli stadi continuano a funzionare poco. È di nuovo successo l’ennesimo episodio razzista.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho passato le più belle vacanze natalizie che potessi mai sperare. Era da un po’ che non me le godevo così, e il motivo principale è stato l’arrivo dei miei cari cugini romani che mi hanno permesso di staccare davvero per qualche giorno, di girare i soliti dintorni con occhi nuovi e di fare quelle esperienze che, per pigrizia e mancanza di tempo, non avevo ancora mai avuto voglia di organizzare.
Tra il prima e il dopo, ho letto Legends and lattes di Travis Baltree ed è stato il mio primo romance con ambientazione fantasy, grazie Valentina per il regalo, mi è piaciuto moltissimo!
Ho guardato su Netflix Nobody wants this, classica commedia d'amore ma in chiave moderna, dove donne e uomini prendono decisioni responsabili in linea con chi sono davvero, per rispettare la loro personalissima idea di integrità.
Continuo a leggere Il cigno nero, di Nassim Nicholas Taleb, e ad ascoltare Tutti gli uomini, di Irene Facheris, entrambe opere ricche di spunti di riflessione utilissimi.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Durante le vacanze natalizie mi sono dilettata in letture, ascolti e visioni molto piacevoli. Mi sono ritagliata tempo per me e, sì, ci voleva.
Letture. Ho iniziato Mostri. Distinguere o non distinguere le vite dalle opere: il tormento dei fan di Claire Dederer, Sedici parole di Nava Ebrahimi, Intermezzo di Sally Rooney e proseguito con Confessioni di un marketer di Enrico Marchetto. Ho finito Stella maris di Cormac McCarthy. Ho intervallato la lettura di libri con newsletter e articoli e soprattutto podcast.
Ascolti. Oltre a proseguire con i soliti ascolti dei podcast de Il Post, mi sono immersa nel nuovo Orazio, Una notizia al giorno e le storie che le stanno attorno, ogni pomeriggio per tutto l’inverno di Matteo Caccia. Da gennaio 2025, molti tra i podcast de Il Post sono riservati per chi ha un abbonamento.
Ho iniziato Ho conosciuto Kurt Cobain di Paolo Maoret e Marco Degli Esposti, un podcast indipendente di sette puntate che ripercorre i tragitti percorsi dal furgone dei Nirvana in Italia, dal tour del 1989 a quello mitico del ‘91. Se anche tu ami i Nirvana, ascoltalo.
Il 9 gennaio è uscita la nuova puntata di Stories, il podcast di Cecilia Sala, che racconta i giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento.
Visioni. Contro ogni aspettativa, non ho riguardato Love Actually, ma Notting Hill, per immergermi nell’atmosfera di Londra. Ho iniziato diverse serie TV, tra cui (finalmente) The morning show (Apple TV) e non uccidere (Netflix). Iniziato e finito Disclaimer (stupendo).
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Dopo una bella pausa di cui avevamo davvero bisogno, la scorsa settimana abbiamo ripreso i progetti in corso e ci siamo rimesse all’opera. Trasferte, incontri e piani di lavoro si intrecciano anche in questa settimana appena iniziata.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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