Questo weekend sono stata al Summit di Architecta, dove ho nutrito relazioni con persone meravigliose, ho collaborato al futuro dell’associazione e ho allenato la mia capacità di dare e ricevere feedback. Dare un feedback è donare consapevolezza, ricevere un feedback è aprire il nostro essere al punto di vista altrui.
Io sono Chiara e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

Architecta è l’associazione e la comunità di chi pratica e promuove la cultura dell’Architettura dell’Informazione e dello Human-Centered Design. Il Summit è l’evento annuale dedicato ai soci e alle socie, durante il quale è tradizione la presenza di workshop che persone generose offrono agli altri membri della community. Io ho partecipato a quello tenuto da Debora Bottà, dedicato al feedback. Dopo una mezz’oretta di premesse teoriche, Debora ci ha fatto lavorare a piccoli gruppi, dove ogni persona presente interpretava a turno chi dava un feedback, chi riceveva un feedback e chi osservava altre persone darsi e ricevere feedback e dava a sua volta feedback a entrambe su com’era andata. Sono state tre ore intense, ben progettate e ben condotte, e che mi hanno fatto crescere in tanti piccoli modi inaspettati.
Dare un feedback
Grazie a Debora ho capito che per me il feedback è una postura.
Quando do un feedback la postura è quella di quando faccio un regalo a una persona a cui tengo: un sorriso per esprimere la vicinanza e una dedizione all’altra persona che in quel momento è al centro della mia attenzione. Quando dono vorrei che l’altra persona fosse disponibile e felice di ricevere un mio regalo e vorrei che sentisse lo spirito di affetto o stima che sento per lei e che ha dato origine a questo gesto. Vorrei anche che le piacesse il contenuto del mio dono, ma questo non sempre è possibile (con i regali come con i feedback).
Nell’immaginario comune, chi dirige un'impresa dà feedback a raffica a tutte le persone con cui collabora. Dare un feedback non è fare un complimento, né redarguire; non prevede una posizione di superiorità e una di inferiorità, anche all'interno di una relazione gerarchica.
Per questo motivo, credo che il modo migliore di procedere - per lo meno per me è stato ed è tuttora così - sia evitare di dare feedback se prima non ci si è allenati a ben riceverli.
Nella cultura della performance in cui ci dibattiamo, è troppo facile snaturare lo strumento del feedback, meglio partire dalla posizione più difficile, quella di chi lo riceve.
Se sei alla guida di un’azienda o di un team di persone, ma anche se no, credo che la prima cosa da fare sia allenarsi a ricevere feedback, prima di darli: chiedere alle persone intorno a noi che stimiamo di donarci il loro punto di vista su come stiamo lavorando, e su cosa potremmo migliorare.
Sentiamo spesso dire che i giovani devono ascoltare ciò che abbiamo da dire loro, ma quanto siamo dispostз noi per primз a chiedere un feedback sul nostro operato?
Chiedere un feedback
Chiedere un feedback vuol dire metterci in una posizione di apparente svantaggio. Significa chiedere un regalo, che potrebbe rivelarsi dolce-amaro, per quello che potrebbe svelarci di noi.
Ho imparato che quando si riceve un feedback la prima cosa da fare è ringraziare l’altra persona di aver espresso il suo punto di vista in modo costruttivo (e nutriente, to feed) su qualcosa che ho fatto. Quanto spesso capita che dalla nostra bocca esca un grazie sincero?
Fatichiamo a ringraziare quando il feedback è positivo (“che bella presentazione che hai fatto, mi è piaciuta moltissimo!”), figuriamoci quando è negativo (“ho notato che all’ultima riunione eri di nuovo in ritardo”)!
Io sono felice di ricevere un feedback quando sento, emotivamente, che l’altra persona ha fiducia nelle mie capacità e sta cercando genuinamente di farmi fare un passo avanti, accendere una luce di consapevolezza dove prima non c’era, propormi modi diversi di fare, o di pormi.
Per ricevere un feedback devo sentirmi serena, disarmata per mia scelta, perché solo se non percepisco guerra o competizione in atto, riesco ad abbandonare l’istintiva posizione difensiva che si attiva alla fatidica frase “posso darti un feedback?”.
Il mio punto debole
Sono una persona che tende a rimandare le conversazioni difficili, quelle che mi scatenano forti sentimenti o quelle in cui temo di essere giudicata o di far sentire giudicata un’altra persona.
Tra le conversazioni difficili ci sono anche quelle in cui devo dare un feedback negativo; in questi casi spesso rimando fino a quando perde di rilevanza emotiva per me, quando riesco ad affrontare l’argomento con serenità. Il problema è che se aspetto troppo, il feedback perde di significato per l’altra persona: è inutile commentare il comportamento che una persona ha tenuto 3 mesi fa. Anzi, è più probabile che nemmeno se lo ricordi!
Durante il workshop, le debolezze delle altre persone al tavolo con me riguardavano altri aspetti: chi diluiva il feedback in una marea di parole talmente elevata che si perdeva il contenuto, chi aveva un atteggiamento troppo diretto/aggressivo e temeva di offendere l’altra persona, chi esprimeva con un fortissimo paraverbale tutte le emozioni che il verbale non riportava.
Questo per dire che ognuno ha i suoi automatismi ma sono tutti, come i bias, duri a morire, perché sono scorciatoie istintive che abbiamo imparato e che applichiamo senza riflettere. Con grande energia si può uscire dal solco, ma è faticoso, tanto più il solco è segnato e profondo.
Uscire dal solco
Personalmente trovo che per uscire dal solco, la riconnessione con il mio corpo e il mio respiro siano il metodo migliore. Quando ci riesco, ritrovo il mio centro e posso dedicare piena attenzione a quello che faccio, scansare l’automatismo, correggere un maschile sovraesteso che mi sta salendo alle labbra, rilassare la postura e non mettermi in modalità difensiva, ricordarmi che non sono sotto attacco ma anzi, davanti a me c’è una persona che sta cercando di darmi uno spunto per crescere e che questo è un dono non scontato.
Che poi sono io la prima che a volte mi scanso, perché donare richiede energia, fatica, presenza; spesso mi ritrovo a ritirarmi in me stessa ed evitare di dare feedback perché mi sento troppo esausta per farlo, o anche solo per pigrizia.
Quando vogliamo donare un feedback a qualcuno lo stiamo mettendo al centro, stiamo facendo un liberatorio passo di lato. Ma anche quando lo riceviamo dobbiamo essere pronti a guardare da fuori le nostre azioni: l'impatto di quello che facciamo o delle scelte che rimandiamo, di quello che tacciamo con la voce, ma magari diciamo con il corpo, di quello che esplicitiamo e di ciò che diamo per scontato.
Quando riceviamo un feedback dobbiamo rispondere aiutando l'altra persona a mettersi nei nostri panni. Affinché una persona si possa mettere nei miei panni devo essere io per prima disposta a svelare quei panni, a descrivere i pensieri e le emozioni che stanno dietro il mio comportamento.
Dare e ricevere feedback in modo efficace ha molto a che fare con l’assertività, che è un’altra competenza estremamente difficile da allenare. L’assertività permette di affrontare le cose in modo piano, chiaro e pacato, senza offendere né aggredire l’altra persona ed è quindi il presupposto fondamentale per riuscire a scambiarsi dei feedback senza ferire l’altra persona.
In chiusura ti lascio lo splendido riassunto di Debora Bottà su come ricevere un feedback:
Ascolta con attenzione, senza interrompere
Ringrazia
Chiedi chiarimenti se non è completo (situazione, comportamento e impatto)
Ripeti per verificare di aver capito
Rispondi con una proposta di soluzione.
Buon allenamento, buon lunedì,
Chiara (e Tatiana)
📃Abbiamo parlato di
Gli individui e le interazioni più che i processi e gli strumenti.
📍Cose che hanno lasciato un segno
una splendida sintesi visiva dei talk del Summit di Architecta, di Marco Buonvino su LinkedIN
Giovedì e venerdì c’è il DiParola festival, puoi seguirlo on line, la registrazione è gratuita
"Scrivo, mica salvo vite!", in preparazione al festival, di Elena Panciera su LinkedIN
è uscita la seconda parte di Che città abbiamo progettato per bambini e bambine? Dalla newsletter di Donata Columbro
Le parole che usiamo cambiano il modo in cui vediamo il mondo, la campagna di sensibilizzazione del progetto DiversaMente
giovedì 3 ottobre esce la prima raccolta di fiabe per aiutare i maschi a crescere liberi dal patriarcato.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho ascoltato l’episodio del podcast Mis(s)sconosciute in cui viene presentata la romanziera egiziana Ahdaf Soueif, mi ha incuriosito parecchio, tanto che ho messo in wishlist il suo romanzo più celebre.
Ho finito di guardare l'ultima stagione di Emily in Paris e il finale non mi è piaciuto un granché. Sempre su Netflix ho iniziato Tutto chiede salvezza, perché c'è Drusilla Foer e su consiglio di Nicoletta Cinotti.
Sto leggendo L’amante giapponese di Isabel Allende con grande lentezza, perché il ritorno ai ritmi incalzanti dell’autunno mi toglie il momento serale dedicato alla lettura.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Poche novità: i giorni del Summit sono stati intensi ed emozionanti. La concentrazione era tutta sul far funzionare le cose: antenne dritte, insomma. Valgono i consigli della scorsa settimana. Recupero tutto nei prossimi giorni!
Oggi riprendo fiato per poter ripartire domani con energia.
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Questo eterno settembre è finito, non ci sembra vero, ottobre sarà altrettanto carico? Per ora ci aspetta una settimana di trasferte e un laboratorio di co-design bello impegnativo, non male come prima settimana del mese.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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