In queste ultime settimane sono riuscita a ritagliarmi un po’ di tempo per approfondire temi più ampi rispetto a quelli strettamente lavorativi: ho recuperato qualche puntata delle newsletter di Giulia Blasi, Flavia Brevi e Alice Orrù; ho letto una newsletter dedicata alla nomina del nuovo Papa; ho seguito i primi due webinar di Cathy la Torre sull’equità in azienda; ho guardato Adolescence, The Residence, L’amica geniale, Four Seasons e The Dropout. E in tutto questo surfare tra letture, visioni, ascolti, il mio occhio si è posato sul grande tema della diversità, soprattutto quella tra uomini e donne1 nella lettura del mondo e nella scelta delle modalità di azione.
Senza quasi rendermene conto, ho traslato le mie riflessioni in ambito business. Quel che è emerso è un insieme composito di complessità, blocchi e sfide che tutte le persone che dirigono un’impresa devono affrontare: disegnare un futuro che funzioni.
Io sono Chiara e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

Al di là delle grandi generalizzazioni e delle limitazioni collegate, credo che ci siano due modi molto diversi di fare impresa: uno che chiamerò approccio di tipo ´maschile` e l'altro che chiamerò approccio di tipo ´femminile`2.
In natura come nel business
L’idea mi è arrivata da Cordelia Cupp, la protagonista di The Residence, una detective con la passione per l’ornitologia, che sfrutta le sue conoscenze sul comportamento degli uccelli per provare a comprendere gli esseri umani che incontra.
L’etologia (la scienza che studia il comportamento degli animali) ci insegna che in natura il maschio deve farsi notare, pena la mancata trasmissione del suo corredo genetico alle generazioni future, perciò ha spesso tra le sue armi colori sgargianti, versi attraenti e comportamenti iperbolici.
La femmina invece è solitamente meno appariscente per garantire la prosecuzione della specie, per potersi mimetizzare al meglio nel suo habitat naturale tutte le volte che deve compiere atti di cura (deporre e covare le uova, nutrire un cucciolo, ecc.).
Anche sul piano della competizione, in moltissime specie l’approccio femminile è praticamente opposto a quello del maschio, che invece deve farsi notare anche rispetto ai suoi simili. Le femmine hanno meno bisogno di competere tra loro, poiché la maggior parte del loro tempo è dedicato alla gestazione e all’accudimento della generazione successiva.
In modo analogo nel business c’è un certo modo di fare impresa, che chiamo approccio ´maschile`, che è appariscente, grandioso, scalabile, generatore veloce di soldi e potere. Nel vocabolario di questo approccio ricorrono spesso termini militari, collegati alla guerra e alle armi, con frequenti riferimenti alla concorrenza e alla sfida da vincere a tutti i costi.
Lo so bene perché sono i termini che devo scegliere di usare quando parlo con le persone che adottano questo approccio, per accreditarmi ai loro occhi e per mostrare loro che capisco la serietà del tema.
Invece l’approccio che definisco ´femminile` è più misurato, pacato, concreto. Proietta meno roboanti performance-in-tempi-record e presta più attenzione a piccoli risultati concreti ma significativi e duraturi, quelli di cui c’è la quasi certezza di raggiungimento - e di solito un piano operativo di lungo respiro con cui arrivarci. Rispetto ai competitor l’atteggiamento è più mimetico, alla ricerca di una nicchia di mercato in cui poter stare serenamente. Rispetto all’avere successo (imprenditoriale) l’atteggiamento è più umile, perché c’è una maggiore consapevolezza che solo poche variabili possono essere sotto il controllo diretto di chi dirige l’impresa, tutte le altre variabili sono subite, più che dominate.
Il rischio di questo modo di fare di impresa è spesso collegato al fatto che le nicchie si modificano e possono non essere sufficienti a sostenere il business. Me ne rendo conto ogni volta in cui lavoro su casi come questi: la parte su cui devo spronare è la ricerca di nuove opportunità di mercato, in linea con la UVP ma fuori dalla comfort zone abituale.
Con l’approccio maschile invece, ho notato che il pericolo più frequente è l’eccessivo indebitamento e sfruttamento delle risorse disponibili (persone comprese) e troppa poca attenzione alla generazione di ottimizzazioni interne di processo e alla fidelizzazione della clientela.
“Solo i pesci morti seguono sempre la corrente”
Mentre passavo da un contenuto breve all’altro, ho intercettato questo aforisma che mi è piaciuto perché rispecchia in modo leggero e ironico il mio spirito anticonformista. Non so chi l’abbia enunciato per la prima volta, ho provato a cercare in rete a chi attribuire la proprietà intellettuale, ma non ho trovato nulla di certo.
Un’impresa che “segue sempre la corrente” continua a fare come ha sempre fatto o, al massimo, si adegua al resto del mercato; ma sappiamo bene che senza innovazione l’impresa è destinata a morire.
Anche il modo che scegliamo per fare innovazione rispecchia il nostro più generale modo di fare impresa e, in particolare, c’è una modalità più tipica dell’approccio ´maschile` e una di quello ´femminile`.
Come un pesce che nuota nella corrente, il maschio salta fuori dall'acqua, con grandi e altissimi spruzzi d'acqua, per mostrare quanto è fenomenale la sua idea, quanti soldi può fare in brevissimo tempo, quanto è scalabile fin dalle primissime fasi. La femmina invece segue la corrente ma sotto traccia, si ferma dove le pietre del fondo creano un luogo perfetto per deporre le uova, va alla velocità che ritiene più sicura, invece che alla velocità massima possibile3.
Dal gender gap alla prosecuzione della specie
In Italia, delle 34 società controllate o partecipate dal MEF, soltanto 6 hanno una amministratrice delegata o CEO donna (17.6%) e nessuna donna è a capo di una delle 6 società quotate in borsa. Idem nelle 50 aziende a maggiore capitalizzazione quotate alla borsa di Milano: solo 2 hanno una donna a ricoprire la posizione apicale (fonte).
Inoltre, solo una percentuale minima delle CEO donna è in settori non legati a bisogni femminili, istruzione e cura delle persone (fonte: Cathy La Torre).
L’approccio maschile è più appariscente, iperbolico, astonishing e quindi tipicamente piace di più agli uomini che, a parità di altre condizioni, preferiscono puntare su qualcosa che potrebbe essere grandioso, invece che su qualcosa che sarà quasi certamente funzionante.
Chi ha il potere - ad esempio di finanziare un'impresa - sceglie un approccio più simile al suo e visto che il potere è in mano principalmente a uomini, viene preferito maggiormente l'approccio maschile.
Per questo motivo anche chi adotta un approccio femminile deve, almeno in parte, omologare la presentazione formale della sua impresa a quella di chi ha un approccio maschile, pena l'esclusione a priori.
In qualunque sistema chi è più simile ha maggiori probabilità di essere accolto, accettato, incluso. In un sistema patriarcale come il nostro, quindi, hanno più probabilità di essere notate, finanziate e partecipate iniziative di business aderenti all’approccio maschile di fare impresa, perché è quello più spesso adottato dagli imprenditori uomini.
E questo si riallaccia anche con la maggiore avversione al rischio e la differente solidità finanziaria delle imprese a conduzione femminile, molto più alta rispetto a quelle di conduzione maschile.
Ai tempi dell'università, quando studiavo Economia, ero troppo immatura per riuscire ad applicare senso critico a ciò che imparavo del sistema capitalistico e delle sue regole, perciò l'ho soltanto appreso, modellando il mio sguardo sul business.
Oggi invece, dopo 20 anni di valutazioni economiche, gestionali e organizzative di enti e imprese, sono ben consapevole che l'approccio maschile è solo uno dei modelli possibili e che viene per lo più disatteso, in tutto o in parte, dalle realtà imprenditoriali che sono state capaci di creare vera ricchezza, che hanno dato vita a relazioni sane e rispettose interne ed esterne all’impresa, che hanno garantito la prosecuzione di proficui rapporti commerciali nel tempo e quindi, di fatto, la vera capitalizzazione degli investimenti iniziali.
Chi vince?
Ho una predilizione per l’approccio femminile, lo ammetto, ma ci tengo a farne un discorso più ampio rispetto alle singole preferenze personali. Perché non si tratta di una gara, ma di trovare nuovi modi di fare impresa che siano più efficaci rispetto alle sfide odierne.
L’approccio maschile, predominante fino ai giorni nostri, è stato utilissimo, perché ci ha portato a livelli di ricchezza impensabili: nel 1981 circa il 42% della popolazione mondiale viveva in condizioni di povertà estrema, oggi questa percentuale si attesta attorno al 10% (fonte).
C’è un però. Questo approccio iperbolico, ad alto rischio, e portato avanti in esclusiva dalle persone più privilegiate dell’intero pianeta, non ha tenuto conto di tutto ciò che era invisibile agli occhi di quelle stesse persone, cioè gli effetti distruttivi generati sulle parti più deboli del sistema, quelle più sfruttate: le persone e le loro relazioni, le aree del pianeta più povere (nei Paesi dell’Africa subsahariana il tasso di povertà è rimasto sostanzialmente invariato nel corso degli ultimi trent’anni) e l’ambiente, inteso come il complesso dell’ecosistema naturale.
Gli stessi, più elevati, livelli di ricchezza raggiunti hanno permesso l’estensione di alcuni diritti, tra cui l’accesso all’istruzione, anche a fasce di popolazione prima discriminate, le quali ora stanno portando altre visioni, più sistemiche e complesse, e al tempo stesso più piccole e concrete, che “guarda caso” sono proprio quelle che servono al mondo di oggi, per capitalizzare i benefici acquisiti fino a qui ed estenderli anche a chi non ha ancora avuto accesso.
Scrivo “guarda caso” perché credo non sia affatto un caso, bensì l’evoluzione naturale di noi organismi pluricellulari, che ci porta a sviluppare le competenze e le strutture sociali necessarie per aumentare la nostra stessa probabilità di sopravvivenza.
L'approccio maschile ci è stato utilissimo in passato, ma non è più il migliore possibile in tante situazioni e contesti. Riuscirà chi oggi ha il potere, a cambiare approccio? O a passare il testimone a chi è in grado di trarne il maggior beneficio per l’intera collettività?
Questa è la sfida a cui sono chiamati e chiamate imprenditori e imprenditrici di oggi, per tracciare la via che ci permetterà di uscire dal pantano in cui ci siamo arenate, come imprese e come specie.
Buon lunedì, buona sfida,
Chiara (e Tatiana)
📃Abbiamo parlato di
📍Cose che hanno lasciato un segno
Gender pay gap: il divario salariale tra uomini e donne è del 20%
Sesso e potere, un episodio della newsletter di Azzurra Rinaldi
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho finito di guardare A man on the inside, su Netflix, e mi è piaciuto, ne guarderei volentieri una seconda stagione, se mai ci sarà. Sempre su Netflix ho guardato Adolescence e The Residence, il primo con un senso di dovere, il secondo per svagarmi. Entrambi consigliati per motivi diversi, anche se in Adolescence avrei voluto sentire un po’ più il concetto di responsabilità, invece che solo il senso di colpa.
Ho iniziato anche altre serie TV, ma non so se le continuerò in futuro.
Ho letto parecchie newsletter, tra le quali ho apprezzato particolarmente Follow the money di Alice Orrù, Imparare a stare di BalenalaB, Mio zio è morto a 16 anni, da partigiano di Annamaria Anelli, Ti immagini? di Flavia Brevi e Lavorare lavorare lavorare di Paola Chiara Masuzzo.
Lato podcast ho finito la seconda stagione di Sigmund e vorrei che diventasse parte del materiale didattico delle scuole dell’obbligo, da somministrare spesso e volentieri.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Letture. Ho messo in pausa Il mago delle parole di Giuseppe Antonelli. Nonostante sia molto interessante, in questo periodo faccio fatica a fermarmi. Sto riprendendo alcuni libri di lavoro per preparare due corsi. Mi rifaccio con i podcast, che ascolto sempre quando sono in movimento.
Ascolti. Proseguo con i soliti ascolti: Sigmund, Amare parole, Orazio di Matteo Caccia, Morning con Nicola Ghittoni. Nel weekend, mi sono immersa nel podcast L’inossidabile podcast del Post sull’Eurovision song contest di Matteo Bordone, Giulia Balducci, Luca Misculin e Stefano Vizio. Rido sempre tantissimo.
Visioni. Proseguo con The Blacklist (10^ e ULTIMA stagione), finito The residence (1^stagione). Ho iniziato una nuova serie, Gerry, su Raiplay: troppo presto per esprimere un giudizio, ma un buon inizio. Sono in trepidante attesa della quarta stagione di The bear (nella top five delle mie serie TV preferite).
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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In questa newsletter scrivo di genere usando la dicotomia uomini/donne, ma mentre lo faccio continuo a pensare alla sofferenza legata al sentirsi invisibilз di tutte le persone non binarie: vi vedo e vi abbraccio da qui.
Ho scelto i termini di approccio ´maschile` e approccio ´femminile` come tipizzazioni statisticamente più frequenti nel contesto più recente. In realtà sono tipologie di approccio indipendenti dal genere della persona che li adotta: conosco molte donne che adottano un approccio maschile, per dire. E viceversa.
Ho scritto di maschio e femmina in questi termini stereotipati, non perché siamo così (nessunǝ di noi lo è, per fortuna!) ma perché la maggioranza delle persone con cui interagisco aderisce (ancora) a questi comportamenti stereotipati, soprattutto quando agiscono nei contesti di lavoro.