L’arte sottile di fare domande
E anche mettere da parte ciò che immaginiamo di sentirci rispondere, dimenticarsi di tutto quello che si presume di sapere e conoscere già.
Ciao e buon lunedì.
Qui si suda, si fa fatica ad andare veloce. Qui con più di 25 gradi è faticoso anche pensare. Ma la fatica maggiore è quella davanti le cose spaventose di questo mondo. Io ho paura. Sia qui vicino, sia lontano, i fatti parlano chiaro: c’è odio, c’è guerra, c’è terrore. Io resto informata, leggo, ascolto, ma il senso di smarrimento è alto, altissimo.
Ho trascorso tempo in giro tra fine maggio e inizio giugno, ho percorso quasi mille chilometri per condividere esperienze, partecipare a eventi, formarmi e aggiornarmi. Ammetto che mi mancava questo pieno di relazioni e interazioni, nonostante la fatica a stare in mezzo a (troppa) gente.
Tra i viaggi in auto, le chiacchiere e gli scambi e progetti in corso sono emerse diverse riflessioni sulle cose del mio mondo, personale e lavorativo.
Tra tutte, emerge sempre di più una questione dirimente: capire, comprendere, chiedere.
Sì, indagare è un’arte.
Io sono Tatiana e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

Fare domande ma anche stare in silenzio
I migliori risultati a un’indagine svolta qualche tempo fa li ho ottenuti non chiedendo. Pazzesco vero? Meno domande hanno generato maggiori e migliori risposte di quel che mi sarei mai immaginata. Eppure verrebbe da pensare il contrario. Più le domande sono specifiche più la risposta dovrebbe esserlo ancora di più.
Nulla di più sbagliato. Per lo meno, nella mia esperienza (ma non solo).
«Essere curiosi significa provare un genuino interesse verso il mondo e, come ricercatori, verso le persone: non in un’accezione morbosa o pettegola, quanto di vera sete di conoscenza altrui.»
Raffaella Roviglioni, in Chi vuole cavalli più veloci?
Chi fa troppe domande non sta indagando davvero. Vuole solo sapere e nutrire la propria ingordigia di fatti delle altre persone (quelle persone che io chiamo impiccione, non curiose. La curiosità è ben altro).
Nella UX, la parte di ricerca (UX research) si basa su una serie di attività che permettono di indagare per estrapolare dati su cui poi ottenere informazioni per poter progettare e realizzare migliori artefatti, migliori flussi o processi e, più in generale, migliori sistemi che le persone useranno. C’è l’indagine qualitativa e quantitativa, ci sono i test di usabilità, ma ci sono anche le osservazioni, quelle che si rifanno all’antropologia culturale (conosciuta come osservazione partecipante) che aiutano a comprendere una cultura immergendosi in essa.
C’è una differenza sostanziale tra indagare chiedendo e indagare guardando. Il punto non è “smettere di fare domande”, ma di fare solo quelle giuste e necessarie e di colmare la ricerca di informazione anche osservando il comportamento, per unire i dati tra quello che la persona dice e quello che la persona fa e agisce.
Qualche giorno fa, una persona a me molto vicina mi ha confessato di aver fatto diversi esami diagnostici dopo aver scoperto un qualcosa di anomalo nel suo corpo. Non ha detto nulla durante l’iter durato qualche settimana, lo ha fatto solo dopo il lieto fine. Anche se la domanda spontanea sarebbe stata “perché non me/ce l’hai detto?”, mi sono limitata a stare in silenzio e ad aspettare. Quel che è emerso è stato tutto il suo vissuto in quelle settimane fatte di attese, responsi, dubbi, altri esami, attese fino alla diagnosi finale. Ovvio che la buona notizia, il lieto fine, è ciò che si sperava, ma tutto quel che a me ha interessato è il come si fosse sentita, cosa avesse provato e quanto fosse arrabbiata.
È emerso tutto attraverso le sue parole. Nessuna domanda diretta.
Ascoltare in silenzio
Al di là dell’ambito, lavorativo e personale, mi interrogo spesso su come possa diventare una professionista e persona migliore nell’ascolto vero. Chi mi conosce lo sa: sono quella delle domande. Ne faccio tante, ma solo quando serve.
Ascoltare è non avere fretta di arrivare a conclusioni, ma di stare nel momento presente, possibilmente in silenzio, facendo retrocedere il sé a favore di chi abbiamo di fronte.
Se per chi indaga di mestiere è un esercizio quotidiano, lo è meno per chi guida un’organizzazione o un team, per esempio. È faticoso, me ne rendo conto.
L’arte sottile di fare (buone) domande per le quali non conosciamo (ancora) la risposta è una pratica che va allenata, dentro e fuori le organizzazioni, per aiutarci a comprendere meglio le persone con le quali condividiamo spazi e tempi quotidiani. Ma soprattutto a imparare come imparare, indagare, ascoltare.
Fare buone domande significa anche trovare modi nuovi di conoscere e capire le altre persone e quindi di costruire migliori relazioni. E non solo. Conoscere serve anche ad affrontare in modo diverso problemi che sembrano irrisolvibili per noi.
Aprire è mettere da parte ciò che immaginiamo di sentirci rispondere, dimenticarsi di tutto quello che si presume di sapere e conoscere già. È mettersi in ascolto per entrare in una relazione di scambio.
Buone domande, buon ascolto,
Tatiana (e Chiara)
📃Abbiamo parlato di
Come possiamo pensare, progettare, inventare meglio?
📍Cose che hanno lasciato un segno
Cerchi felicità o comodità? Una manciata di buone domande da farsi ogni tanto, da un post di LinkedIN di Roberta Zantedeschi
Un utile riassunto delle dieci dirette LinkedIN di Sara Cremaschi sul tema della neurodiversità, nei contesti lavorativi e non solo.
Ogni artefatto e soprattutto un design system vive nelle relazioni che riesce a generare.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho guardato la seconda stagione di L’amica geniale, su Raiplay, e mi è piaciuta più della prima. Ho come l’impressione che la serie TV non restituisca la profondità dei personaggi, perciò sto meditando di metterla in pausa in favore dei libri, magari l’estate in arrivo mi aiuterà a tornare a leggere più romanzi.
Ho letto diverse newsletter, tra le quali ho apprezzato particolarmente Chiamata all’inazione di Marco Montanaro, Cosa caspita sto guardando? di Alice Orrù, e L’importante è partecipare di Giulia Blasi.
Nelle ore di viaggio ho ascoltato un paio di puntate di due podcast che non mi sono piaciuti, Tavolo parcheggio e Tintoria. Giudizio superficiale, ne sono consapevole, perciò invito chi la pensa diversamente a segnalarmi qualche episodio specifico che mi faccia cambiare idea.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Letture. Sempre alle prese con lo studio per progettare due nuovi corsi, ho messo in pausa la narrativa fino a sabato, quando sono passata in libreria per acquistare un libro (formazione) e sono uscita con due. Ho iniziato La Governante di Csaba dalla Zorza e lo sto divorando: scrittura scorrevole e storia interessante sono gli elementi giusti per questo momento. Avevo bisogno di una pausa di evasione. E poi chi mi conosce lo sa: sono impallinata con buone maniere, l’arte del ricevere (con garbo).
Ascolti. Proseguo con i soliti ascolti: Sigmund, Amare parole, Orazio di Matteo Caccia, Morning con Nicola Ghittoni. Nuove ossessioni: Wilson, il nuovo podcast di Francesco Costa che esce ogni giovedì, ma che ogni tanto regala puntate extra super interessanti. Tra l’altro, è ancora libero e non riservato a chi si abbona a Il Post.
Visioni. Mentre aspetto la nuova stagione di The bear, ho finito Mare fuori e iniziato Sara (tratto dai romanzi di Maurizio de Giovanni). La fine di The Blacklist mi ha lasciato un vuoto enorme, comunque. Non me ne faccio una ragione.
Ieri sera, ho iniziato Bettlejuice 2 (ma poi mi sono addormentata!).
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Questa settimana siamo alle prese con un’indagine bella tosta. Troppe domande? Forse.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
Vuoi condividerla? Puoi usare il bottone qui sotto.