Non essere per forza, ma per davvero
Mettere in scena una storia a cui davvero sentiamo di appartenere, con le cose belle, ma pure con gli inciampi.
Buon lunedì 17 febbraio,
Il festival di Sanremo è finito. E io sto tentando di recuperare ore di sonno perse ed energia. Quella settimana, quella che io (ma non solo io) chiamo la settimana santa di Sanremo, quella in cui molte persone non parlano d’altro. Avevo detto che sarei andata in “risparmio energetico” e invece non è successo. È stata una settimana impegnativa, insomma, ma vabbè.
Come ogni volta, Sanremo mi prende. Lo guardo da quando ero bambina, quando con TV Sorrisi e Canzoni in mano leggevo i testi e mi preparavo alla settimana del festival della canzone italiana. Proseguo tuttora con lo stesso entusiasmo, anche se con qualche meh in più portato dalla consapevolezza di quello che il Festival rappresenta: uno spaccato e una fotografia del nostro (bel) Paese, che tenta di mettere le donne dietro, come al solito.
Il podio? Sicuramente felice per Olly, Lucio Corsi e Brunori Sas, meno per la mancata presenza in cinquina di Giorgia e Achille Lauro e di altre artiste donne davvero super. Ma le canzoni quest’anno erano un po’ meh, nonostante interpretazioni impeccabili.
Io sono Tatiana e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina (e a volte il martedì) per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

«Senza nemmeno festeggiare la fine
ha deciso di tornare all'inizio
buttando nel vento il lavoro di anni
perché nemmeno da vecchi si sa cosa faremo da grandi»
Non essere per forza, ma per davvero
La canzone di Lucio Corsi “Volevo essere un duro” mi risuona tantissimo. E non solo per il testo e la musica, ma anche per l’interpretazione. Ha portato in scena una storia: tutto è arrivato potente, nonostante la calma e la delicatezza.
In questi giorni, ho lavorato a diverse analisi sull’identità di alcune attività, alcune vecchie, altre nuove, altre nascenti e mi sono resa conto di quanto ci sia sempre in sottofondo l’invito a essere top, a raggiungere la perfezione.
Quando parlo di branding o tratti distintivi o ancora di proposta di valore, le persone che ho di fronte si immaginano sempre qualcosa di grandioso, molto alto, quando invece è qualcosa di più sottile e riguarda l’unicità, piuttosto che l’essere prime o primi.
Quando conduco e facilito laboratori per lavorare sulla branding strategy per (ri)trovare l’identità di un’organizzazione, mi ritrovo sempre dentro dinamiche bellissime e sfidanti insieme: è un processo che permette di andare in profondità alla ricerca di nuova consapevolezza su pregi, difetti, realtà, aspirazioni.
La fine del processo porta sempre a scrivere e dichiarare una visione, a scegliere i valori che guidano e i pilastri che sostengono, ma per davvero. Non si tratta mai di dichiarare quello che si vorrebbe o piacerebbe, ma la realtà, la verità che più rappresenta quell’organizzazione e il brand che incarna.
È sempre uno scegliere da che parte stare, dichiarare chi si è, cosa si fa, come e perché e poi dimostrarlo con i fatti, ogni giorno, su ogni canale a disposizione, dentro e fuori. Eppure salta sempre fuori quell’ambizione alla perfezione con ostentazione che, sappiamo bene, può crollare da un momento all’altro.
Se c’è una cosa che mi ha colpito di Lucio Corsi durante questo Festival è la dolce genuinità con cui racconta cosa voglia dire essere normali, scontrandosi con l’idea di essere sbagliate e sbagliati e cercando di dirsi anche “va bene così. Non c’è nulla di male a essere normali”.
Rido pensando a quelle ormai famose frasi per le quali noi del marketing alziamo gli occhi al cielo (Leader del settore e co.) e mi chiedo se non sia davvero ora di tornare a essere per davvero, con i nostri errori e le nostre fragilità, invece di rincorrere la perfezione a ogni costo.
E, con un sorriso commosso, applaudo a Veralab che, proprio durante il Festival, ha lanciato lo spot Perfectly Imperfect, per celebrare (finalmente) quanto sia normale l’imperfezione.
A proposito di branding, ecco.
Se il mondo là fuori ci dice di essere migliori, di toccare la perfezione sennò non si va da nessuna parte, nella realtà è meglio essere sé stesse e sé stessi, mettendo in scena una storia a cui davvero sentiamo di appartenere, con le cose belle, ma pure con gli inciampi. Soprattutto se siamo, o vogliamo essere, un brand.
Buona normalità, buona normale imperfezione.
A presto,
Tatiana (e Chiara)
📃Abbiamo parlato di
Avevamo parlato di branding anche qualche tempo fa, scrivendo di cosa significhi prendere posizione e di come “essenziale” accanto a “brand” funzioni.
📍Cose che hanno lasciato un segno
C’è un bestiario musicale firmato Lucio Corsi
Nei dintorni di Sanremo, si parla anche di Fantasanremo e di modello di business. La parola a Gianluca Diegoli.
In uscita La grammatica che serve, un manuale sull’uso della grammatica fuori dalla pagina scritta.
Francesca Taddei ha scritto una guida per il Servizio clienti sulla gestione dei reclami.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho finito di ascoltare Sigmund di Daniela Collu per Il post, e l’ultima puntata disponibile di Tutti gli uomini, di Irene Facheris, uno dei podcast più arricchenti che abbia mai ascoltato.
Mi sono guardata le prime due stagioni di The Bear, su Disney+, e mi sta piacendo moltissimo, ne aveva scritto Tatiana l’anno scorso qui su Substack.
Lettura libri ferma, ho iniziato titoli troppo impegnativi per le mie scarse energie serali di questo periodo, magari questa settimana viro su qualcosa di più leggero.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Ho ripreso oggi Intermezzo di Sally Rooney e messo ancora in pausa Magic Words di Jonah Berger (ma in italiano) e Non pensare all'elefante! di George Lakoff, ma solo perché la settimana di Sanremo sono monotematica.
Ascolti. Mi sono goduta l’imperturbabile podcast del Post su Sanremo di e con Giulia Balducci, Matteo Bordone, Luca Misculin, Stefano Vizio. Ho riso tanto.
Rprendo da oggi i soliti ascolti: podcast de Il Post: Morning con Nicola Ghittoni, Orazio - Una notizia al giorno e le storie che le stanno attorno, ogni pomeriggio per tutto l’inverno di Matteo Caccia, Amare parole di Vera Gheno, Ci vuole una scienza con Beatrice Mautino ed Emanuele Menietti, Indagini con Stefano Nazzi.
Visioni. Ho fatto una immesione totale in Sanremo e, a spizzichi e bocconi, altre cose in giro. Dopo essermi addormentata poco prima della fine del festival, ho ripreso tutto grazie a Raiplay la mattina di domenica.
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Dopo una settimana super intensa fatta di incontri, appuntamenti, programmazioni, questa sarà all’insegna di analisi e immersione. Insomma, non ci facciamo mancare nulla.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
Vuoi condividerla? Puoi usare il bottone qui sotto.