Progettare in coro
Come si arriva a quel momento di progettazione corale? Secondo me, è prima di tutto una questione di testa. E di ritualità. Con casualità, quanto basta.
Buon martedì 22 ottobre,
con un giorno di ritardo sulla solita tabella di marcia. Non sono in forma come vorrei. Forse l’arrivo di un raffreddore, forse solo stanchezza. Spero di non ammalarmi. Tra nove giorni esatti sarà Halloween e, come ogni anno da quattordici anni, la mia compagnia teatrale mette in scena uno spettacolo itinerante per la notte del 31 ottobre: TeatrandHalloween.
Da qualche anno, i ruoli che ricopro sono molto, molto distanti da me e questo prevede che dietro ci sia uno studio approfondito del personaggio per mettere in scena qualcosa di credibile. Lo scorso anno, per esempio, sono stata una donna molto anziana, con alle spalle una storia di vita molto vissuta, difficile, tormentata. Ci ho lavorato parecchio.
Per quanto ogni pezzo sia breve (e pure il tempo di prepararlo), ogni volta, mi ritrovo a immergermi nella ricerca sul personaggio, per trovare tutte quelle caratteristiche fisiche, vocali, di comportamento che siano coerenti con quel che deve rappresentare, sia nell’individualità, sia nella relazione con ogni altro personaggio in scena. Se lo studio sul personaggio avviene in solitaria, è nel gruppo in scena che si scatenano interazioni, intenzioni, ritmo e coralità. Si progetta insieme e questa cosa è bellissima e sfidante al tempo stesso. È qualcosa che mi rende felice, nonostante la fatica.
Io sono Tatiana e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina (e a volte il martedì) per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

Si progetta in coro
In teatro e quando recito sono felice. È proprio un piacere preparare, montare, smontare, confrontarsi, trovare il giusto ritmo e la giusta energia per preparare il pezzo che poi dovrà andare in scena.
Provo un piacere simile, e altrettanto piacevole, quando progetto con le persone, sia in modo strutturato, sia non. Che sia una chiacchierata su LinkedIn o durante un evento, una sessione di co-design, un momento formativo, una retrospettiva di team quello che emerge è sempre qualcosa che supera le singole aspettative. È qualcosa che nasce in quel momento presente e che genera valore, a volte inatteso.
Nel prima, succede che io abbia un’idea di quel che vorrei portare al tavolo. Come nel caso della costruzione del personaggio: c’è un lavoro solitario di ricerca per arrivare con un’idea da condividere. Nel mio lavoro, per esempio, quando strutturo un workshop di co-design fisso un obiettivo, una serie di attività e una scaletta di massima, non troppo dettagliata. Quando progetto un corso, ho una struttura di massima per la parte più teorica (quella che poi diventa il materiale di restituzione), ma il vero valore è nel confronto che da quel lavoro nasce.
È poi infatti nello scambio collettivo che risiede il vero cuore e valore di tutto il lavoro. Quando sono io a condurre (in un co-design o in un corso di formazione) quello che porto al tavolo sono per lo più domande che permettano di attivare il confronto e lo scambio e non piani prestabiliti per portare le persone dove voglio io. La strada la scegliamo insieme. Il piano lo si costruisce insieme.
Ritualità come allenamento al pensiero collettivo
La settimana scorsa, ho letto la newsletter di Voices. Annalisa Monfreda ha scritto di ritualità e ha citato Anne-Laure Le Cunff, rispetto al significato di “rituale” dietro l’azione:
«Mentre le routine sono azioni che devono semplicemente essere eseguite, come rifare il letto o fare la doccia, i rituali sono pratiche più significative che hanno un vero senso di scopo. (...) Con i rituali, sei completamente coinvolto nell’esperienza, piuttosto che sul mero completamento dell’azione». Anne-Laure Le Cunff
I rituali che funzionano sono quindi quelli in cui le persone si sentono coinvolte e quelli in cui c’è una motivazione di fondo a voler fare qualcosa insieme che genera scambio, crescita, confronto.
Preparare il campo
E come si arriva a quel momento di progettazione in coro? Secondo me, è prima di tutto una questione di testa (sempre il fantomatico mindset).
Ogni volta in cui penso a cose andate bene (non per forza arrivando a una soluzione) ricordo solo momenti in cui le persone hanno lavorato insieme, hanno smesso di voler controllare tutto, hanno ascoltato prima di parlare e hanno scelto di mettersi in gioco. Quelle andate male sono accomunate da tutto il contrario: controllo, rumore e tanti (troppi) secondo me.
Non è una ricetta perfetta, perché lì in mezzo ci sono una miriade di altre cose che succedono. Lasciare andare (il controllo) credo sia la parte più complessa. Ma credo anche che qualsiasi idea (progettuale) debba nascere e nutrirsi di casualità, prima, per diventare progetto e piano poi. Un passo alla volta, tra allenamento, ritualità e orchestrazione.
Buon inizio settimana,
Tatiana (e Chiara)
📃Abbiamo parlato di
Ci vuole coraggio e un nuovo mindset per fare buone scelte. E anche buona compagnia
📍Cose che hanno lasciato un segno
Wikipedia non è più l’eden con gli unicorni arcobaleno che speravamo che fosse.
La molestia orecchiabile. Ovvero, la necessità di dare un nome alle cose.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
In questi giorni sono a Londra a rivedere tante cose con gli occhi nuovi di mia figlia: dal volo in aereo, agli scoiattoli nei parchi tutto è curioso, inaspettato e meraviglioso.
Nel frattempo continuo con Ricordatemi come vi pare, di Michela Murgia, anche se giusto due pagine a sera prima di cadere addormentata, dopo i km macinati in lungo e in largo per la città.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Ho quasi finito di leggere Sergio Marchionne di Tommaso Ebhardt. Sono settimane complicate e faccio fatica a ritagliarmi tempo per leggere. Ultimamente ho bisogno di staccare la testa e pensare ad altro. E così ho iniziato una nuova serie TV: La caduta della casa degli Usher (su Netflix) è molto molto ben costruita. È una miniserie ispirata a racconti di E. A. Poe. Finalmente iniziano i live di XFactor e io sono super felice.
Proseguo invece con i soliti ascolti: Morning ogni mattina e Amare Parole ogni domenica.
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Una settimana in salita pure questa. Ottobre è un mese piuttosto impegnativo, ma sapremo affrontarlo nel modo giusto.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
Vuoi condividerla? Puoi usare il bottone qui sotto.
Grazie, come sempre 💛. E anche per la bella similitudine tra il progettare in coro e la prova teatrale.