Una miccia per evolvere
Il design organizzativo come innesco per ripensare e riprogettare futuri migliori
Buon lunedì 26 maggio,
buon inizio settimana. Qui c’è una immersione profonda nella primavera, nonostante l’aria frizzantina. C’è voglia di stare fuori, respirare, rallentare. E tutto il mondo fuori (cit).
Tra appunti, chiacchierate e confronti, letture, ascolti e visioni sto facendo alcune riflessioni sul mondo del lavoro in generale e su quello che ha senso per me. Diciamo che non mi sento sola nell’affermare che sono stufa di lavorare. Non è un esserlo verso quel che faccio, che continua a piacermi, ma più in generale verso quel che gira intorno al lavoro: contesto socio-culturale, in primis.
Ma partiamo dall’inizio.
Io sono Tatiana e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina (e a volte il martedì) per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.

Come freelance non lavoro in azienda e non ho quindi esperienza diretta, ma vedo e agisco come consulente proprio sulle organizzazioni e quel che emerge dai primi racconti di titolari e risorse è una fatica generale.
Un mondo che cambia
Oggi il mondo del lavoro sta subendo una trasformazione radicale, profonda, accelerata: cambiano i modi in cui lavoriamo, cambia il modo in cui svolgiamo le nostre attività e cambia l’impatto che gli aspetti valoriali e le aspettative personali hanno sull’organizzazione.
Oggi più che mai le organizzazioni di qualsiasi tipo sono chiamate a ripensarsi: dall’approccio alla visione, dai compiti alle relazioni. Tutto parte dalla cultura organizzativa che nasce dalla e con la fondazione di quell’impresa: una o più persone danno l’impronta che genererà quella cultura come un imprinting.
Tutto quel che accade è fortemente assogettato alla cultura organizzativa che rappresenta il modo di far funzionare le cose, sia da un punto di vista operativo, sia da quello relazionale.
Ma cosa succede quando il mondo intorno cambia, c’è un passaggio generazionale, c’è un ricambio di persone nell’organizzazione, c’è un cambio di modello di business o di assetto, c’è una trasformazione tecnologica o una pandemia? Che siano endogeni o esogeni, questi fattori mettono in discussione, in tutto o in parte, la cultura organizzativa.
L’abbiamo sempre fatto così non può essere e restare una scusa per non fare niente e aspettare che le cose si sistemino da sole, perché potrebbe succedere un patatrac. Manca una capacità di adattamento e di reattività in un mondo caratterizzato da VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity and Ambiguity).
Instabilità, trasformazione, incertezza, cambiamenti aumentano la complessità e la capacità delle aziende di reagire e affrontare le frizioni generate attivando modelli di governance e operativi più flessibili.
In quelle realtà dove ho potuto assistere a queste evoluzioni, mi sono resa conto di quanto sia difficile agire. Si inizia a lavorare su un punto e un altro inizia a incrinarsi. Al di là di pochi casi virtuosi, vedo agire sull’onda dell’urgenza e del breve e non su quello più strategico e progettuale.
Per creare (o riprogettare) ambienti di lavoro migliori, occorre ridisegnare i modelli organizzativi.
Il design organizzativo
Il design organizzativo è un processo che permette di (ri)progettare non solo flussi e processi ma esperienze in modo innovativo e consapevole per affrontare e reagire a evoluzioni inevitabili. Il punto nodale è intorno alle persone (e infatti si parla di employee experience).
Il design organizzativo va inteso come processo culturale e politico per trasformare il modo in cui le organizzazioni agiscono e si relazionano, sia dentro sia fuori.
I vantaggi sono molteplici e duraturi.
Coinvolgimento. Ogni persona dentro l’organizzazione è coinvolta e responsabile.
Senso di appartenenza. Quando le persone si sentono coinvolte e sanno che il loro punto di vista è accolto sentono di appartenere a qualcosa di importante.
Benessere. Quando un luogo di lavoro è piacevole e tiene in considerazione i bisogni delle persone la motivazione si rafforza.
Flessibilità. Pensare alle organizzazioni come organi viventi permette di affrontare cambiamenti in modo più efficace.
Le organizzazioni hanno bisogno di coinvolgere le persone e coprogettare con loro per innescare una vera trasformazione. Il progettare con è la vera chiave: essere intorno a un tavolo (non letteralmente), iterare e prototipare e dare vita, per davvero, a un’evoluzione.
Da dove partire?
Dalla cultura organizzativa che va riscritta con e non (più) calata dall’alto. Dai valori che vanno condivisi e, soprattutto, agiti. Dall’organizzazione, fatta di ruoli, funzioni processi e, soprattutto, relazioni ed esperienze.
Ci vuole coraggio sistemico
E anche una dose di irriverenza verso lo status quo. Cambiare prospettiva, sì. E anche il mindset per liberare le organizzazioni di cui facciamo parte da quelle costrizioni che non hanno più senso per trasformarle e trasformarci, dentro e fuori.
Buona evoluzione,
Tatiana (e Chiara)
📃Abbiamo parlato di
📍Cose che hanno lasciato un segno
"Un brand è un'esperienza da progettare, non un marchio da disegnare".
Praticare l’imperfezione intenzionale, da un post su LinkedIN di Silvia Versari
L'illusione dello spazio neutro, la possibilità di passare inosservata. L'ultima newsletter di Alice Orrù.
Sei a conoscenza di cosa ti muove? Dare e ricevere su LinkedIN ma non solo, un post di Roberta Zantedeschi.
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Settimana intensa che mi ha lasciato poco tempo per letture e visioni. Ho continuato a guardare The Dropout, su Disney+, una serie TV che racconta l'ascesa e la caduta di Elizabeth Holmes e della sua azienda, la Theranos, che doveva rivoluzionare il campo delle biotecnologie e che, invece, si è disciolta in una condanna per frode nel 2022.
Ho ascoltato qualche puntata di Rame podcast, un po’ per conoscenza delle persone intervistate (pendo dalle labbra di Tegamini) un po’ perché è sempre interessante. Ad esempio ho imparato il concetto di adulazione finanziaria, di cui ero consapevole solo in parte.
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Letture. Sono immersa nella rilettura di libri di lavoro e formazione. Ho qualche intervento pubblico, qualche corso da progettare e ho bisogno di ricentrare le cose per trovare un legame. Unire i puntini, insomma. Dedico più tempo all’ascolto: podcast, i soliti e alcuni nuovi, che ascolto sempre quando sono in movimento.
Ascolti. Proseguo, appunto, con i soliti ascolti: Sigmund, Amare parole, Orazio di Matteo Caccia, Morning con Nicola Ghittoni. Mentre cucinavo panificati e verdure, mi sono immersa in un nuovo podcast: Totale di Jonahtan Zenti (Zenti è l’autore di uno dei miei podcast preferiti: Problemi). La puntata extra di Guido è in tema lavoro.
Visioni. Ho finito The Blacklist e sono in lutto. Ho visto Adolescence e mi ha turbata. Ho iniziato Maschi veri che ha scatenato sorrisi amari sulla mascolinità tossica. Sto guardando la nuova stagione di Belve.
Sono in trepidante attesa della quarta stagione di The bear (nella top five delle mie serie TV preferite).
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Questa settimana facciamo un ulteriore passo avanti in un progetto che ci coinvolge entrambe da diversi anni e al quale siamo parecchio affezionate.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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