Buon lunedì 16 dicembre,
prima di tutto un’informazione di servizio: questa newsletter saluta e va in pausa fino al nuovo anno. Ci ritroviamo qui lunedì 13 gennaio 2025.
Tra poco è Natale, uno dei miei momenti preferiti. Faccio parte di quel gruppo di persone che, al rientro dalle vacanze estive, conta i giorni che mancano a Natale, con un piccolo stop sul 31 ottobre, ma poi dritto verso il 25 dicembre. Sento anche la stanchezza arrivare, un segnale che non voglio ignorare. Non solo fisica, ma anche mentale. Ho bisogno di rallentare per diventare.
Se guardo indietro, da settembre a oggi, di cose ne sono successe davvero tante, più o meno intense, più o meno impegnative, ma sono successe e, nel bilancio generale, hanno il loro peso, soprattutto emotivo.
Ho fatto una lunga trasferta venerdì. Lo sciopero non ha aiutato: treni cancellati, traffico congestionato, disagio. Ma uno sciopero che non crea disagi non serve a nulla (cit).
Dicevo. La lunga trasferta mi ha portata a Bologna, all’assemblea di Architecta per tirare le somme di questi ultimi due anni e per votare il nuovo consiglio direttivo per il prossimo mandato. Tempi di bilanci e di nuovi buoni propositi. O meglio: di promesse.
Io e altre sei persone abbiamo proposto la nostra candidatura per il nuovo consiglio direttivo che guiderà Architecta nel prossimo biennio, a partire da gennaio, quindi, daremo continuità e novità a questa bella comunità (ciao ansietta).
Io sono Tatiana e questa è la newsletter di Kanji, quella che parte ogni lunedì mattina (e a volte il martedì) per arrivare alla tua casella di posta. Se te l’hanno inoltrata e vuoi iscriverti, puoi farlo da qui.
La responsabilità di una squadra
Assumersi una responsabilità come questa e mettersi a guidare un’evoluzione già cominciata all’inizio del 2024 dal vecchio board è una grandissima scommessa. E per fare tutto quello che abbiamo in mente e portare avanti quel che è già iniziato serve una squadra che sia davvero squadra.
Rifletto spesso su cosa questo significhi e credo che essere parte di, e fare in modo che quella squadra funzioni, sia davvero complesso. Lo vedo nei team di cui faccio parte, nei team che aiuto a esserlo e in quelli che stanno lavorando per diventarlo.
Niente è scontato, niente è mai definitivo. Le squadre, sia quelle che funzionano sia quelle che no, sono fatte di persone: diverse, con background ed esperienze differenti, con trascorsi passati che, per forza di cose, incidono. Eccome se incidono.
Architecta ne è un esempio. Due anni fa, quando il board uscente si è candidato ha lavorato per costruire e dare una continuità all’associazione. Il fatto che in questo nuovo gruppo ci siano tre della precedente squadra ne è un segno concreto. Ma non sono tutte rose e fiori: il fatto stesso che le persone non siano tutte le stesse non deve farci abbassare la guardia, nonostante ci sia un mindset comune, nonostante ci siano gli stessi valori a guidarci. Che, beninteso, è un ottimo punto di partenza!
In questi anni, mi sono resa conto di tantissime cose che fanno (o non fanno) funzionare una squadra. Sono tutti elementi che ricorrono, sia quando della squadra ho fatto parte in maniera attiva, sia quando ho collaborato oppure lavorato per qualche altro team in diverse altre organizzazioni. A volte ci si sceglie, altre volte ci capita, altre volte un po’ e un po’, sia nel lavoro, sia nella vita (associativa, per esempio, ma anche politica).
Cosa ho imparato sul fare squadra
(o come dicono quelle brave1 fare teaming)
(Scegliersi e) respirare allo stesso ritmo (cit). Nonostante le differenze personali e professionali, quel che conta è la visione, insieme ai valori. Guardare verso la stessa direzione è fondamentale.
Conoscersi in profondità. Non sempre si può scegliere con chi fare squadra. A volte, la squadra esiste già, altre volte si entra in una esistente. Altre invece è tutta da costruire. In ogni caso, è fondamentale aprirsi e dirsi le cose importanti: aspettative, bisogni, cosa demotiva e cosa carica, competenze, ecc. Gli imprevisti succedono, ma sapere su chi potersi appoggiare e a chi affidarsi è qualcosa che salva (testato). Illudersi è un punto su cui fare attenzione.
Dare e ricevere feedback. Su questo punto insisto molto. È fondamentale imparare come darli, sia nei modi sia nelle parole che si scelgono, ma lo è altrettanto saperli ricevere, comprendendo quando sono attacchi e quando invece sono feedback costruttivi. Si danno feedback sul comportamento e mai sulla persona (c’è una differenza sostanziale tra hai sbagliato e sei una persona sbagliata). Debora Bottà ha tenuto uno splendido workshop su questo tema per Architecta (ne aveva scritto Chiara qualche tempo fa).
Gestire il conflitto. Il conflitto non è sempre negativo, può anche essere sano. Anzi, mi stupisco sempre quando le cose vanno sempre tutte bene. Confliggere aiuta il gruppo a ritrovare il senso, di sé e di quello che si sta facendo, ad aggiustare il tiro, a ripartire meglio. Che poi, è un po’ riconoscere e vedere l’elefante nella stanza (o l’orso).
Celebrare i successi (e anche i fallimenti). Su questo punto ho visto tanti team saltare e andare oltre. È molto importante gioire dei successi e celebrarli, come incentivo a fare bene e meglio anche in futuro. Ma, allo stesso modo, anche i fallimenti vanno elaborati per imparare (non sempre sono negativi, come scrive Alessia Camera, si può sbagliare meglio).
Guardare in prospettiva. Avere un piano fa tutta la differenza del mondo. Se ci si limita solo al fare e all’operatività da smarcare è facile bloccarsi e non andare lontano. Non mi stancherò mai di dirlo: prima la strategia, poi la tattica.
Sporcarsi le mani insieme. Non solo dire, ma anche fare. È nel quotidiano che ci si misura: progettare e fare insieme permette di capire come insieme si funziona (e dove invece no).
Assumersi la responsabilità. Delle proprie azioni e delle azioni del gruppo. Se qualcosa non funziona o non ha funzionato, è importante che il gruppo se ne faccia carico e capisca come rimediare. Non è mai un puntare il dito (è colpa di) ma capire e comprendere la (vera) causa e il (vero) perché. E farsi buone domande.
Retrospettiva. È una di quelle attività che ritengo essere non solo necessaria, ma fondamentale, qualsiasi sia l’attività. Fare retrospettiva permette di smontare a ritroso tutto quel che è accaduto: cosa ha funzionato, cosa no, cosa poteva essere fatto diversamente, cosa si impara. A questo proposito, ti consiglio la retrospettiva 4L che aiuta il team a capire cosa si è amato (Liked), cosa si è imparato (Learned), Cosa è mancato (Lacked) e cosa si sarebbe desiderato - che invece non (Longed for).
Imparare, sperimentare, reiterare. Dalla retrospettiva si impara anche cosa tenere e cosa invece va cambiato o solo migliorato. Per arrivare a progettare in coro, serve allenarsi - tanto - e sperimentare insieme. Ma anche saper riconoscere quando le cose non vanno, quando quel gruppo non è una squadra e forse può anche dire e dirsi basta così. Ne avevo già parlato:
Ogni volta in cui penso a cose andate bene (non per forza arrivando a una soluzione) ricordo solo momenti in cui le persone hanno lavorato insieme, hanno smesso di voler controllare tutto, hanno ascoltato prima di parlare e hanno scelto di mettersi in gioco. Quelle andate male sono accomunate da tutto il contrario: controllo, rumore e tanti (troppi) “secondo me”.
Non ho ricette, né tanto meno 10 consigli per. Perché in mezzo ci sono davvero cose che succedono.
Credo anche però che per arrivare a suonare all’unisono, per diventare un noi serva mettersi in gioco. Accogliere il possibile fallimento. Agire nel quotidiano, guardando lontano. Insieme.
Buon inizio settimana, buon allenamento.
E buon Natale.
A presto,
Tatiana (e Chiara)
📃Abbiamo parlato di
Una connessione profonda (e tutti i link che trovi in questo numero. Vale come guida di lettura)
📍Cose che hanno lasciato un segno
Abbiamo un problema con i feedback, l’ultima magistrale newsletter di Alice Orrù
Non smettere di diventare. Tre piccole cose che vale la pena fare
Un elenco di buone domande per fare il punto (anche in team)
Non si scappa, da questa umanità, Priel Korenfeld su LinkedIN
Allenare l’attenzione contro il brain rot, un articolo di Sara Cremaschi
È uscito il report sulle città italiane e sulla qualità della vita
📚🎧📺 Stiamo leggendo/ascoltando/guardando
Le letture, gli ascolti e le visioni di Chiara
Ho divorato La legge di Lidia Poët e ho adorato la Torino di fine ‘800 in cui è ambientata. Mi sono resa conto che non sono più abituata all'audio originale di una produzione italiana e ci ho messo un po’ a riabituarmi.
Continuo a leggere Il cigno nero, di Nassim Nicholas Taleb, e ad ascoltare Tutti gli uomini, di Irene Facheris, entrambe opere ricche di spunti di riflessione utilissimi. Parenti, amici e amiche ancora non lo sanno, ma queste vacanze di Natale ho intenzione di condividere con loro un paio di domande per nulla banali ;-)
Le letture, gli ascolti e le visioni di Tatiana
Letture. Stella Maris di Cormac McCarthy mi sta accompagnando. La cosa che più mi piace di questa lettura? La potenza dei dialoghi. Proseguo con il nuovo libro di Enrico Marchetto e trovi tantissime connessioni tra marketing e UX design e branding. Potrei parlarne in futuro. Tempo di raccogliere più indizi
Ascolti. Proseguo con i soliti ascolti dei podcast de Il Post. La puntata 84 di Amare parole di domenica si sofferma sui dati dell’Indagine OCSE PIAAC 2023 sulla literacy e numeracy degli adulti che dice: “Sotto la media OCSE sia per la comprensione del testo, sia per la capacità di calcolo, sia per la risoluzione di problemi complessi. L’Italia non sta benissimo. Ma se è pur vero che non è mai troppo tardi, forse qualche interrogativo in più ce lo potremmo porre.” Sempre tra i podcast de il Post, c’è una novità: Live Baricco. Novanta minuti, «un podcast-concerto per ascoltare Alessandro Baricco che legge sette capitoli del suo ultimo romanzo, Abel, accompagnato da tre musicisti: Cesare Picco, Roberto Tarasco, Nicola Tescari». Ho iniziato un nuvo podcast: Viecce, la vita nei quartieri di Roma che ti consiglio! Super.
Visioni. Ho finito L’amica geniale (RaiPlay) e pure Come uccidono le brave ragazze e Black doves (Netflix). Se vuoi un consiglio per qualcosa di diverso, ti consiglio le puntate di Belve. Le vedi tutte su RaiPlay. La puntata con Mammuccari (di cui avrai sentito parlare in giro) è imperdibile: Francesca Fagnani è superba, professionale, unica. E Mammuccari? Guarda la puntata.
Ho in wishlist un po’ di cose, ma le tengo per la pausa natalizia, come ogni anno, tra cui i miei soliti film di Natale (Love Actually in testa).
Tengo traccia dei libri che leggo su Goodreads. Ci sei anche tu?
🔎[Cosa stiamo facendo] Notizie dal mondo Kanji
Qui siamo in modalità natalizia e non vediamo l’ora che sia il 24 dicembre per staccare e riposare, stare con le persone a cui vogliamo bene ma anche per ritrovare il silenzio di cui abbiamo bisogno.
📍Informazioni di servizio
Cerchiamo di usare un linguaggio rispetto e inclusivo. Nel testo potresti trovare questo simbolo: « ǝ». Cosa significa? È un simbolo fonetico [schwa (o scevà)] utilizzato per non fare differenze, rispettando l’identità di genere di ognuno. Ne abbiamo parlato in una newsletter: voce del verbo includere.
Ogni tanto, nei consigli di lettura dei libri che leggiamo, o abbiamo letto, c'è un link con un codice di affiliazione. Questo significa che se clicchi e poi compri una di noi prende una piccolissima percentuale. È giusto e corretto che tu lo sappia e decida di conseguenza cosa fare. ;)
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